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Bradisismo nei Campi Flegrei: nuovo studio dell’Ingv “ascolta” i movimenti del magma

Un nuovo studio dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, pubblicato sulla rivista “Geophysical Research Letters” ha permesso di “ascoltare” i movimenti del magma che avvengono nelle profondità del supervulcano dei Campi Flegrei grazie all’analisi del “rumore sismico ambientale”. in futuro lo studio potrebbe aiutare a capire meglio i segnali di una nuova eruzione.
A cura di Francesco Loiacono
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L'innalzamento del suolo nei Campi Flegrei, osservato dai satelliti (foto Cnr-Irea)
L'innalzamento del suolo nei Campi Flegrei, osservato dai satelliti (foto Cnr-Irea)

È uno dei sistemi vulcanici a più alto rischio al mondo, non solo per la capacità eruttiva ma soprattutto per la densità di popolazione che vi risiede. Parliamo dei Campi Flegrei, estesa area vulcanica che si trova nel golfo di Pozzuoli. Fin dal dicembre del 2012 l'area è costantemente monitorata e si trova a un livello di allerta di "attenzione", corrispondente a un codice giallo.

Il fenomeno più evidente che si osserva nell'area del supervulcano è il bradisismo, cioè il periodico innalzamento e abbassamento del suolo, evidente nella sua periodicità "storica" soprattutto nelle tre colonne del tempi di Serapide a Pozzuoli. Adesso un nuovo studio dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, pubblicato sulla rivista "Geophysical Research Letters" (qui il link dell'abstract), ha permesso di "ascoltare" i movimenti del magma che avvengono nelle profondità del vulcano. Per farlo, i ricercatori della sezione di Bologna e dell'Osservatorio vesuviano dell'Ingv si sono serviti dell'analisi del "rumore sismico ambientale": si tratta delle oscillazioni del terreno causate dalle onde oceaniche.

La tecnica, già utilizzata per studiare in passato altri vulcani (come il Piton de la Fournaise sull'Isola di Riunione, al largo del Madagascar), ha consentito agli studiosi di raccogliere nuovi dati che alimentano la conoscenza del sistema vulcanico flegreo. Il monitoraggio ha evidenziato la presenza di variazioni di velocità sismica nel periodo che precede le eruzioni. Due i tipi di variazione: una di breve durata e la seconda di lungo termine. Quest'ultima caratterizza il periodo compreso fra il 2010 e il 2014. In corrispondenza con le diverse variazioni di velocità sismica sono sempre stati rilevati "un movimento magmatico profondo e un progressivo ma costante riscaldamento del sistema idrotermale", ha spiegato Lucia Zaccarelli, ricercatrice Ingv della sezione di Bologna e autrice dello studio assieme alla direttrice dell'Osservatorio Vesuviano, Francesca Bianco.

Quali le implicazioni pratiche di questo nuovo studio? Al momento si tratta di risultati con una valenza essenzialmente scientifica, ma che gettano comunque nuove basi per le strategie di monitoraggio del vulcano. In futuro, però, come ha spiegato la Zaccarelli all'Adnkronos, queste conoscenze potrebbero aiutare a "capire meglio i segnali di una nuova eruzione".

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