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Campi Flegrei, studiare le deformazioni del terreno per prevedere le eruzioni

I ricercatori dell’Ingv e dell’University College of London hanno pubblicato un nuovo studio secondo il quale la deformazione del terreno, in relazione alle pressioni interne, sarebbe utile ad individuare una imminente eruzione del supervulcano.
A cura di Valerio Papadia
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Il Vulcano Solfatara a Pozzuoli
Il Vulcano Solfatara a Pozzuoli

Non si ferma mai l'attività di monitoraggio dei Campi Flegrei, considerato dagli esperti il vulcano più pericoloso d'Europa. I ricercatori dell'Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sono sempre alla ricerca di nuovi metodi per studiare il vulcano e trovare soluzioni in grado di prevedere una eventuale eruzione. Proprio i ricercatori dell'Ingv, insieme a quelli dell'University College of London, hanno pubblicato un nuovo studio, sulla rivista Nature Communications, basato sullo studio dei movimenti del suolo in relazione al tasso di sismicità. In pratica, si osserva lo sforzo a cui vengono sottoposte le rocce vulcaniche fino al loro limite massimo, raggiungo e superato il quale potrebbe verosimilmente verificarsi un'eruzione.

La mappa della caldera dei Campi Flegrei
La mappa della caldera dei Campi Flegrei

"Quando le deformazioni sono di piccola entità, le rocce si comportano in maniera elastica, deformandosi in modo proporzionale agli sforzi interni. Quando, invece, gli sforzi interni superano una certa soglia, il comportamento delle rocce diventa elasto-fragile, con conseguente processo di fratturazione. All’aumentare progressivo dello sforzo, oltre una certa soglia le rocce si comportano in maniera esclusivamente fragile, generando fratture sempre più profonde che collegano la superficie con le zone dove sono concentrati gli sforzi interni. In questa situazione, un’eruzione può innescarsi" spiega Giuseppe De Natale, direttore di ricerca dell'Ingv.

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