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Il 13enne massacrato a Mugnano dai bulli: la denuncia su Facebook supera le 200.000 condivisioni

Il post di denuncia del padre 13enne pestato dai bulli a Mugnano (Napoli) ha superato le 200.000 condivisioni su Facebook. Il racconto del ragazzo: “Mi hanno chiesto un accendino, ma gli ho risposto che non fumavo. Poi mi hanno circondato e picchiato. Con loro anche un bambino di 9 anni”.
A cura di Valerio Renzi
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Continua a suscitare sgomento e rabbia la vicenda del ragazzino di 13 anni, massacrato da un gruppo di coetanei a Mugnano, in provincia di Napoli. Il padre, per denunciare l'episodio e il pestaggio dei bulli ai danni di suo figlio, ha deciso di mettere la foto del viso gonfio e ferito del 13enne, per invitare i genitori a non esitare a denunciare episodi simili.

Il post, dopo che la vicenda è stata rilanciata dagli organi d'informazione, ha raggiunto oltre 200.o00 condivisioni: "Vi mostrerò la faccia vera di quella m… che si chiama Bullismo e vi prego di condividere e commentare perché quello che oggi è successo a mio figlio non deve e non dovrà accadere a nessuno. E mi raccomando, denunciate perché gli autori di tali soprusi non devono passarla liscia".

Il 13enne ha spiegato così quanto accaduto:

Ero in insieme con un mio compagno di scuola eravamo appena usciti dal barbiere e cercavamo una tabaccheria per effettuare una ricarica telefonica. Ero nei pressi di un supermercato quando sono stato avvicinato da cinque ragazzini. Alcuni li ho subito riconosciuti, perché frequentano la mia stessa scuola. Con loro c'era anche un bambino, credo avesse non più di nove-dieci anni. Si sono avvicinati con una scusa: mi hanno chiesto se avevo un accendino. Ho risposto che non fumavo.

Dopo il diniego dell'accendino qualche presa in giro, gli spintoni e infine il pestaggio vero e proprio:

Il più piccolo della comitiva istigava gli altri a colpirmi io sono rimasto lì, immobile, ho preferito non scappare. Ho creduto che, se avessi provato ad andar via, sarebbe stato anche peggio. L'amico che mi accompagnava era terrorizzato. Due dei cinque che ci avevano accerchiati si sono messi in disparte ad osservare la scena. Gli altri, invece, continuavano a colpirmi. Lo hanno fatto per molti secondi, fino a quando non sono caduto a terra. Ricordo ancora le loro ultime parole: ora te ne puoi andare.

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