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Il New York Times celebra l’autentica cucina napoletana: “Altro che Little Italy”

Un approfondimento gastronomico dedicato alla cucina napoletana dal quotidiano statunitense rivela gli equivoci e i pregiudizi sulla cucina napoletana. Little Italy? Macché, a Napoli la cucina è tutta un’altra storia. Ecco il divertente resoconto di un viaggio alla scoperta di una cucina molto più sofisticata e complessa di quella dipinta dai cliché.
A cura di Angela Marino
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Nella sua rubrica gastronomica per lo statunitense e autorevole quotidiano New York Times, il giornalista Mark Bittman descrive, con notevole sorpresa e meraviglia, la scoperta del "vero" cibo italiano (e napoletano). Attraverso l'incontro con quello che definisce "un cuoco casalingo" napoletano Gianni Piscitelli, originario del centralissimo quartiere di Montesanto e maestro della cucina partenopea, appresa in famiglia, dall'esperienza e sapienza della nonna, il reporter ha potuto conoscere alcuni dei piatti  – ingiustamente – sottovalutati della gastronomia partenopea. Gli stereotipi culturali sugli Italiani mangia-spaghetti, i Napoletani che annegano quintali di pasta nella salsa al "tomato" hanno fuorviato l'immagine cucina made in Italy, riducendola a cinque o sei piatti, neanche troppo rappresentativi, dell'originale e delicata cucina partenopea.

"Se siete cresciuti in Lower Manhattan, quando l'ho fatto io, 50 anni fa – scrive Bittman – potreste pensare di conoscere il cibo del sud Italia: pizza, ragù di carne, lasagne, conchiglie ripiene e frutti di mare "Fra Diavolo". Eppure, commenta "La cucina di Napoli è molto più sofisticata". "Pe molti napoletani", ammette, "il piatto per eccellenza è la genovese (la cui ricetta varia da quartiere a quartiere). Un piatto che il giornalista definisce "pasta condita con sugo di cipolle e carne, molto simile alla zuppa francese".  "Genovese" implicherebbe che si tratti del piatto tipico di Genova – riflette – ma in realtà nessuno sembra conoscere la relazione tra la salsa e la città". Una prelibatezza che, nota Bittmann, appare nei menù di tutte le trattorie napoletane, ma è stranamente assente da quello qualsiasi di qualsiasi ristorante italiano di New York e che ha assaggiato proprio nella casa napoletana dell'amico Piscitelli. Tuttavia, nota il reporter, Gianni cucina con amore per la sua fa famiglia, che tra figli e nipoti vede già un erede ventenne della maestria dello zio, autore della sorprendete genovese assaggiata dal giornalista. Perché, in fondo, la cucina napoletana  è questo: un family affair ed è proprio questo il suo segreto.

Gianni, racconta Bittman "Mi aveva invitato a pranzo, e ho portato un amico: ci hanno presentato con cibo sufficiente per i cinque di noi a mangiare tre pasti. Forse anche quattro – osserva – Ma i due piatti della cena che ancora sogno, a parte la Genovese, naturalmente, sono stati il ​​polpettone (che comprendeva melanzane, innovazione di Gianni) e un dessert chiamato migliaccio, una torta soffice, umida e profumata di limone". "Non sto dicendo che ho capito il cibo napoletano, dopo che il pranzo – conclude il giornalista – ha troppa profondità e la complessità per questo. Sto dicendo che, nel corso di un pasto che rappresentava meglio di qualsiasi che abbia mai avuto che la cucina, non c'era una spruzzata di salsa rossa in vista".

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