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La famiglia di Antonio chiede giustizia: morto dopo quattro ore di attesa in codice rosso

Antonio Scafuri, barbiere di 23 anni di Torre del Greco, è morto in codice rosso all’ospedale Loreto Mare di Napoli. Il responsabile del pronto soccorso ha denunciato il suo calvario parlando dell'”inosservanza ai più elementari doveri professionali” da parte dei medici. E ora la famiglia chiede giustizia.
A cura di Valerio Renzi
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Antonio Scafuri
Antonio Scafuri

Antonio Scafuri, 23 anni, è morto lo scorso 16 agosto poco prima delle dieci di sera all'ospedale Loreto Mare di Napoli. Il ragazzo di Torre del Greco era arrivato quattro ore prima in codice rosso, avendo riportato un politrauma e fratture multiple a seguito di un incidente. Un'attesa che, secondo la denuncia dello stesso personale, potrebbe essere risultata fatale al ragazzo.

Antonio Scafuri, 23 anni di Torre del Greco, faceva il barbiere

La vicenda è stata portata alla luce dal consigliere regionale dei Verdi Francesco Borrelli, da anni in prima linea nel raccontare i guai della sanità campana, e ora la famiglia di Antonio chiede giustizia per una vita stroncata forse per l'inadempienza di chi doveva invece prendersi cura di lui. Antonio lavorava come barbiere in un negozio di Torre del Greco, e quel 16 agosto si trovava su una moto guidata da un amico che si è scontrata con un auto in manovra.

La denuncia del medico dell'ospedale

A sporgere denuncia il responsabile del Pronto soccorso dell'ospedale Loreto Mare, Alfredo Pietroluongo, che ha ricostruito il calvario di Antonio: "Dopo le indagini radiografiche e Tac veniva riportato in codice rosso dove i rianimatori constatavano un progressivo peggioramento delle condizioni generali ed un progressivo calo dell'emoglobina ai valori 7. Si provvedeva a richiedere il sangue in urgenza e alle ore 1.04 avveniva il ricovero in Chirurgia con prognosi riservata ed in imminente pericolo di vita".

"Ciò nonostante – continua la denuncia – il paziente rimaneva in codice rosso impegnando due unità infermieristiche del Pronto Soccorso con visibile disagio per il resto delle attività dello stesso pronto soccorso mentre le anestesiste intervenute rientravano in rianimazione". Passa altro tempo e Pietroluongo perde la pazienza decidendo di intervenire: "Venuto a conoscenza del fatto che il paziente era in attesa da circa due ore di essere trasportato in un altro Presidio per eseguire una angioTac e la cosa si rallentava perché non vi era accordo su quali infermieri avrebbero dovuto eseguire il trasferimento". Chiede di sbrigarsi ma il medico risponde che "sapeva lui cosa doveva fare e che le cose andavano bene così".

"Inosservanza ai più elementari doveri professionali"

Alla fine sono quasi le quattro quando Pietroluongo decide autonomamente e chiede ad un infermiere ai suoi comandi di offrirsi volontario per l'accompagnamento in ambulanza, anche senza la presenza del rianimatore: il mezzo pare ma quando arriva all'ospedale Vecchio Pellegrini ormai la situazione è troppo critica. Alle 8.30 viene riportato al Loreto Mare dove muore in sala di rianimazione.  "A motivo di quanto esposto credo che i fatti evidenzino una superficialità di comportamento ed un disprezzo per la tutela dell'utenza ancora prima dell'inosservanza ai più elementari doveri professionali – conclude il medico – Chiedo ove mai si dovesse ravvisare una condotta omissiva di intervenire e di denunciarle alle autorità competenti".

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