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Opinioni

Napoli, dove il Pd vale zero. Autopsia del cadavere di un partito

Dopo le primarie beffa e le liste col trucco, i dolori del Pd Napoli restituiscono l’immagine di un partito dissolto. Dai dirigenti nazionali a quelli regionali e napoletani, dai parlamentari agli eurodeputati, fino ai giovani democratici: a nessuno importa delle sorti del Partito Democratico partenopeo. Che affonda nel marcio di troppi errori mai sanzionati e occultati come polvere sotto il tappeto.
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L'avevamo detto. L'avevamo mostrato. Era marzo del 2016, quasi un anno fa. Le primarie del Pd per definire il candidato a sindaco di Napoli furono un disastro; le telecamere di Fanpage.it mostrarono la pantomima elettorale ai seggi, con i capibastone che raggruppavano elettori, elargivano l'euro – obolo obbligatorio per partecipare alla consultazione – e indicavano il candidato da votare. Finì come finì. Valeria Valente candidata a sindaco, Antonio Bassolino sconfitto. Il Partito Democratico entrò nel ridicolo quando si trattò di analizzare le responsabilità alla base di quella pagliacciata elettorale. E non individuò alcun colpevole: tutto va bene, madama la marchesa. La Procura della Repubblica di Napoli sulla storia ha ancora un fascicolo aperto.

Quando fu poi il momento di metter giù le liste si palesò l'inadeguatezza di un partito sformato, dilaniato dalle incompetenze. Fu il giorno di gloria dei «ciucci e presuntuosi» (la frase non è di chi scrive ma di uno storico esponente partenopeo dell'ex Pci, poi Pds, Ds e oggi eretico Pd). Una indagine della magistratura napoletana sta in queste ore cercando di capire perché furono candidate persone a loro insaputa nella compagine direttamente collegata alla candidata a sindaco. Cosa accadde in quella frenetica notte di chiusura delle candidature?

Primarie beffa, liste col trucco. Ma chi ne risponde? Il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi all'epoca anche presidente del Consiglio, intervenne senza intervenire. Tutti restarono al loro posto e l'agnello democratico andò al massacro per la seconda volta a Napoli. Era accaduta la stessa cosa cinque anni prima, con le primarie "dei cinesi", solo che allora il risultato delle consultazioni fu congelato e fu candidato un prefetto della Repubblica. Nella scorsa primavera, invece, i vertici del partito hanno deciso di andare avanti come se niente fosse.

I fiori del male furono piantati e oggi sbocciano, condannando iscritti ed elettori del Partito Democratico di Napoli a "contare zero". Già, perché a Napoli, per usare lo slogan della Valente, il Pd non Vale. Non vale la parola dei suoi dirigenti, non vale la sua attività (quale?) in Consiglio comunale, non vale il suo contributo politico, sociale, culturale, per la città (quale?).

I parlamentari e gli europarlamentari del Pd eletti a Napoli sono un bel po' di gente. Quanti si stanno occupando seriamente del marciume partenopeo? Quanti hanno tentato la rianimazione, seppur disperata, d'un corpo ormai cadavere? Dove sono i Giovani Democratici di Napoli, presunta speranza politica, ma in verità più politici dei politicanti? Ogni tanto qualcuno di questo macrogruppo di eletti o aspiranti tali si produce in oziose articolesse sui giornali o puntute valutazioni a mezzo social, convinto di aver fatto qualcosa.

E davvero in questo contesto davvero ci si lamenta che Luigi De Magistris venga osannato come un Fidel alla pummarola (con tanto di fratello ingombrante al seguito) ? E perché ? E qual è l'alternativa? Fate un nome qualsiasi di area Pd come possibile sindaco: suonerà come una barzelletta.

Anche Palazzo Santa Lucia, regno dell'unico esponente del Pd che se la passa bene, Vincenzo De Luca, è in realtà al centro di una lotta interna di correnti, fatta per assicurarsi fette di potere a controllo regionale o parti di giunta. Ma, a parte i siparietti su Facebook con «l'amico Matteo» l'ex sindaco di Salerno ha sul groppone il disastro degli ospedali e dei trasporti che ancora non ha segnali di miglioramenti. E sono passati quasi due anni dalla sua elezione: a parte l'imitazione di Crozza e i litigi con Rosi Bindi, De Luca ha prodotto solo chiacchiere e battute da avanspettacolo.

La questione è una: cosa ci vuole per riprendere le redini del Pd di Napoli? I caschi blu dell'Onu? L'ennesimo capitano Bellodi venuto da fuori a ‘sbatter la testa' sulle opacità vesuviane commissariate per l'ennesima volta? Si decida, si decida davvero. E decida chi ha il potere di farlo, ovvero Matteo Renzi. Che non può fare lo struzzo su una vicenda gravissima come quella partenopea. Altrimenti, semplicemente, si dichiari che il sistema è così inquinato da rendere necessario lo scioglimento del Partito Democratico di Napoli. Ma sarebbe uno schiaffo ai tanti militanti che ci hanno messo non solo faccia, ma anche idee, tempo, passione e , soprattutto, il voto. Quello pulito e libero, frutto di ragionamento e condivisione, non imposto né chiesto in cambio di qualcosa. A questa gente si deve una risposta.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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