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Omicidio Bifolco, chiuse le indagini: si va verso il processo per il carabiniere che sparò

Caso Bifolco, per la morte del giovane napoletano ucciso da un colpo di pistola di un carabiniere nella notte tra il 4 e il 5 Settembre 2014 si procede a piccoli passi verso la verità. Sono state chiuse le indagini, e ora il caso potrebbe essere vicino a una svolta.
A cura di Gaia Bozza
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"Questo dimostra che non è stato un banale incidente. Ora il processo è più vicino". Sono le prime parole dell'avvocato della famiglia Bifolco, Fabio Anselmo, il legale dei casi Cucchi, Aldrovandi e tanti altri. Per Davide, 16 anni, freddato da un colpo di pistola di un carabiniere in una notte di inizio settembre mentre girava nel Rione Traiano sul motorino, si fa più vicina la verità: sono state chiuse le indagini. Dopo la conclusione, in base a quanto apprende Fanpage.it dal legale della famiglia, il prossimo passo sarà, probabilmente, la richiesta di rinvio a giudizio: "Con buona pace con chi aveva sostenuto che non c'era nessuna responsabilità dell'autore di quello sparo scellerato – continua Anselmo –  la Procura comunica formalmente la fine delle indagini e intende procedere per omicidio colposo. Il prossimo atto sarà quello di chiedere il rinvio a giudizio e di questo siamo soddisfatti". L'ipotesi di reato configurata è, precisamente, "omicidio colposo per imperizia nel maneggiare le armi". Per l'avvocato che assiste la famiglia Bifolco, si tratta di una iniziale vittoria: "Non c'è il dolo ma l'ipotesi di omicidio colposo è una responsabilità che la Procura ha configurato e noi condividiamo. Certo è un primo passo, anche se molto importante. Non si può parlare di contentezza, ma abbiamo restituito dignità alla morte di un ragazzino di 16 anni che molti si erano affannati a descrivere come vittima di se stesso".

La morte di Davide Bifolco

Sono passati giusto sei mesi dalla tragica notte tra il 4 e il 5 settembre 2014, quando al Rione Traiano un colpo di pistola ha trapassato il petto del giovane Davide, 16 anni, uccidendolo praticamente sul colpo. A sparare, la pistola di un carabiniere. Ed è un particolare di non poco conto. Un particolare che, nella Napoli bella e maledetta, non è passato inosservato dal primo momento. Perché la pistola di un carabiniere ha sparato colpendo un ragazzo disarmato, minorenne, che era su un motorino a tre senza casco e senza assicurazione e che non si è fermato all'alt intimato delle forze dell'ordine. Ne è nato un inseguimento, finito con uno speronamento e con la tragica morte del giovane.

Uno sparo accidentale, una tragica fatalità, giurava la difesa del carabiniere: "Il mio assistito non puntò l'arma contro Davide", affermava e ribadisce anche oggi Salvatore Pane, avvocato del militare, che nei prossimi giorni leggerà gli atti per esprimere una valutazione nel merito.  Un colpo volontario a un ragazzino innocente, accusavano i parenti di Davide, i suoi amici in massa a manifestare, e l'avvocato che assiste la famiglia. Sulla vicenda Fanpage.it ha raccolto numerose testimonianze: i sanitari, che ci hanno riferito parole importanti, e alcune persone che si sono qualificate come testimoni. Abbiamo sentito i protagonisti di quella oscura vicenda,  i familiari, chi ha affermato di aver visto e sentito quella notte. Versioni che non collimano quasi mai con quella del carabiniere, che la difesa protegge  dai media e da una escalation di tensione. E l'immagine di Davide, chi la tutela? Ci sarà (magrissima consolazione) una riabilitazione post mortem per una giovane vita spezzata e messa all'indice anche da una parte dei media? "Io spero di sì – conclude Anselmo – Certo, tanti si sono affannati a descrivere la morte di Davide come una personale responsabilità del ragazzino. Invece, è una morte che merita attenzione e l'attenzione è stata data dalla Procura. E' un passo importante ma non è ancora finita". La strada, si sa, è lunga e impervia.

L'accusa: omicidio colposo per imperizia; il carabiniere aveva il colpo in canna

Omicidio colposo per imperizia, ossia con l'aggravante di aver commesso il fatto con violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio: questa è l'accusa per il carabiniere. Secondo quanto sostiene la Procura di Napoli, il carabiniere "non puntò la pistola"  contro il giovane, ma ci fu "imperizia" impugnando l'arma d'ordinanza con il colpo inserito in canna, "per imprudenza, negligenza". Ci fu, inoltre, "inosservanza di regolamenti e discipline" violando, in particolare, "l'obbligo di sicura padronanza e di adeguata capacità di impiego delle armi in dotazione" non inserendo la sicurezza alla propria pistola d'ordinanza e comunque non "controllando adeguatamente il maneggio, il posizionamento e la direzione dell'arma".Un comportamento che provocò la morte di Davide Bifolco dal momento che dalla pistola partì un colpo che raggiunse il petto del ragazzo, ferendolo a morte.

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