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Opinioni

Pino Daniele vive dove tutto ha senso e c’è sentimento

Passano gli anni senza Pino Daniele, con una assenza che si è fatta più acuta presenza tra coloro che lo amarono e oggi lo cantano e cercano di farlo conoscere alle nuove generazioni. Ma a tutt’oggi non c’è nessuno che riesca nemmeno lontanamente a imitarlo o a raccoglierne il testimone artistico.
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Qualche tempo fa, prima della fine dell'anno, ero di sera, nel filobus 201 che non passa mai, verso piazza Carità il conducente non so che fa, dalla radio, dal cellulare, comunque inizia a far suonare ‘Yes i know my way‘. Canticchia e io appresso a lui. Quando arriviamo verso piazza Dante era diventato un coro. A piazza Cavour stava cantando mezzo autobus, a via Foria sono sceso con rammarico perché volevo chiedergli di mettere ‘Gesù Gesù'. Come si cambia, è vero e poi non te ne accorgi più. Ho il video, non lo pubblico, hai visto mai che a qualcuno venisse in mente di punire l'autista per l'accompagnamento musicale.

Basta per capire che cos'è Pino Daniele oggi a Napoli? La morte, avvenuta nel gennaio 2015, è come una sua canzone: è cosa ‘e niente. E pe tramente va. Nel frattempo va, la musica continua a viaggiare, s'è infilata nelle pietre di tufo che quando respirano – in inverno si allargano, d'estate si stringono, suonano. E suonano Pino Daniele, anche se oggi è tutto Luché e Clementino, anche se oggi lì dove un tempo tutto era sentimento è tutta colonna sonora di Gomorra, boss e pistole con la pistola, anche se oggi noi guardiamo Alessandro Siani, sorridiamo ma pensiamo pure che rivorremmo indietro Massimo Troisi.

Ma che sfaccimma, solo per un momento.

C'è una stradina intitolata a Pinotto. All'inizio pensavo che facesse veramente schifo. In effetti è un vicoletto buio e ininfluente, era meglio non intitolarlo proprio. Poi ho pensato che in fondo andava bene così. Se ‘a vita è ‘na ciofeca o è grazia ‘e Dio allora tanto vale prendersi quel che di buono arriva e farselo bastare. Ogni tanto passateci, in via (vicolo) Pino Daniele. È proprio a due passi dalla casa in cui è cresciuto.

Vorremmo di più e non per lui, per noi. I temi delle sue prime canzoni restano irrisolti. Il voglio di più / di questi anni amari è ancora attuale, per questo il messaggio del ‘Nero a metà' è ancora così potente e con la sua morte ha assunto un carattere quasi letterario. Sono usciti un sacco di libri di colleghi giornalisti. Nessuno che spiegasse il Pino Daniele nel rapporto e in parallelo con la storia cittadina. Attendo pure anche qualcuno che racconti il suo rapporto con la lingua napoletana. C'è ancora tanto da dire.

Pino Daniele vive. Vive dove tutto ha senso e c'è sentimento, come in una delle sue più belle canzoni, ‘Jesce juorno', esci giorno, il canto alla vita quotidiana con dolori, speranze e passioni, al pari del Jesce sole della Gatta Cenerentola. Pino Daniele vive nelle voci di tutti i napoletani emigrati che da Milano a Abu Dhabi bellebbuono sussurrano ‘Napul'è' cantando in una lingua che conoscono solo loro. E vive nel popolo che lui cantava: siamo un po' più vecchi, siamo un po' più soli. Ma come dicesti tu, in quella notte fresca degli anni Ottanta, alla Mostra d'Oltremare: «È solo sentimento, grazie del vostro».

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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