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L'arte del pizzaiuolo napoletano patrimonio UNESCO

Pizza patrimonio dell’umanità, 200mila firme raccolte

Duecentomila adesioni per la petizione che chiede di inserire la pizza napoletana nel catalogo dei beni immateriali patrimonio dell’umanità. Grazie al sostegno di personaggi della cultura, dello spettacolo e di esponenti politici, e alla partecipazione di migliaia di persone, la richiesta è stata ora depositata alla Commissione italiana dell’Unesco.
A cura di An. Mar.
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Partita per iniziativa del presidente della Fondazione UniVerde Alfonso Pecoraro Scanio, la petizione per includere la pizza napoletana nel catalogo dei beni immateriali dell'umanità è giunta a quota 200mila firme. Un risultato straordinario raggiunto grazie al sostegno di politici, artisti, amministratori e delle migliaia di persone che hanno voluto "metterci la firma". Le adesioni sono state raccolte sulla piattaforma Change.org. Ora la richiesta è depositata alla Commissione italiana dell'Unesco. La raccolta firme è stata promossa dall'ex ministro dell'Agricoltura con il sostegno della Coldiretti e dell'Associazione Pizzaiuoli Napoletani, con l'appoggio anche del ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, di quello dell'Istruzione, Stefania Giannini e di quello dell'Ambiente Gianluca Galletti. Tra i firmatari "illustri" della petizione ci sono Gabriele Muccino, Renzo Arbore, Luciana Littizzetto, Ilary Blasy, Jimmy Ghione, Eugenio Bennato, Giorgio Panariello.

La proposta di inserire la pizza nel catalogo dei Beni dell'umanità fu lanciata nel 2011 dal presidente della Fondazione UniVerde Alfonso Pecoraro Scanio. Lo scopo? Quello di tutelare il marchio made in Italy, da anni ormai contraffatto in decine di paesi.
Quasi due pizze su tre (63 per cento), denuncia Coldiretti, "sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori". "Troppo spesso – spiegano – viene servito un prodotto preparato con mozzarelle ottenute non dal latte, ma da semilavorati industriali, le cosiddette cagliate, provenienti dall'est Europa, pomodoro cinese o americano invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell'extravergine italiano e farina francese, tedesca o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale".

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