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Rione Sanità, parla il ragazzo che ha tolto lo striscione: “La chiesa non è uno stadio”

Dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno Francesco, il giovanissimo che ha strappato lo striscione dalle mani del presidente della Municipalità, Giuliana Di Sarno, spiega la sua verità: “Avevamo concordato che non vi fossero altri striscioni né dentro né fuori la chiesa. Sono dispiaciuto per i modi ma non dovevamo trasformare la piazza e la chiesa in una curva da stadio”.
A cura di Redazione Napoli
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"Ho gettato io lo striscione anticamorra, La chiesa non può diventare uno stadio". È Walter Medolla, uno dei giornalisti napoletani che meglio conosce il rione Sanità, a far parlare, dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno, Francesco, l'amico di Genny Cesarano, il 17enne ucciso una settimana fa in piazza Sanità. Francesco è il ragazzo che ha strappato dalle mani del presidente della Municipalità III, Giuliana Di Sarno, uno striscione "anticamorra" e l'ha gettato nella spazzatura. Cavalcato dall'esponente politico e da alcuni media, il gesto è stato tradotto come "paura" di pronunciare la parola camorra in terra di faida. E invece il giovanissimo descrive tutta un'altra scena.

"Gliel' ho preso di mano – racconta il ragazzo al Corriere del Mezzogiorno – dicendole che quella mattina non avremmo esposto nessun' altro striscione e l' ho buttato nella spazzatura. […] La sera prima della messa per Genny ci siamo incontrati in chiesa con don Antonio Loffredo, padre Alex Zanotelli, don Giuseppe Rinaldi e altri volontari della chiesa per organizzare la celebrazione. Ci hanno chiesto di non trasformare la piazza e la chiesa in una curva da stadio con messaggi e striscioni vari". In chiesa c'era solo lo striscione "Genny Vive" e sul sagrato palloncini e lanterne bianche. Il ragazzo si dice dispiaciuto per il modo brusco: «Forse ho solo sbagliato nei modi. La cosa che mi dispiace è che questo episodio abbia fatto tanto rumore e abbia fatto passare in secondo piano la messa funebre per Genny, che si è svolta in maniera molto tranquilla".

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