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Soldato morto di tumore, risarcita la famiglia: si ammalò a causa dell’uranio impoverito

Fabio Senatore, morto a 23 anni di cancro dopo aver trascorso 8 mesi in Kosovo nell’ambito della missione internazionale di pace in Bosnia Erzegovina. Il Tribunale civile di Roma ha concesso il risarcimento alla famiglia riconoscendo il nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito e il cancro. Bocciato il ricorso del Ministero della Difesa contro la sentenza.
A cura di An. Mar.
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Militari in Bosnia (foto di archivio)
Militari in Bosnia (foto di archivio)

Si è ammalato perché è rimasto esposto all'uranio impoverito durante le missioni in guerra. L'ingente risarcimento accordato alla famiglia di Fabio Senatore, morto a 23 anni di cancro, riconosce il legame tra la contaminazione da uranio (usato dall'Esercito per potenziare la portata di alcune armi) e la malattia. Il caporalmaggiore dell'Esercito Italiano originario del Salernitano è morto nel 2005 al termine di una lunga lotta con una forma tumorale contratta mentre si trovava in missione in Bosnia. Con questa sentenza, il Tribunale civile di Roma che, dice l'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, legale dell'Osservatorio Militare, "ha riconosciuto il nesso di causalità tra l'esposizione alle polveri di uranio impoverito e la patologia tumorale". Contro la sentenza il Ministero della Difesa ha presentato un ricorso ma è stato respinto dalla Corte d'Appello di Roma lo scorso 8 marzo.

Fabio è stato per 8 mesi in Kosovo nell'ambito della missione internazionale di pace in Bosnia Erzegovina, esattamente, dal novembre 2002 al giugno 2004. Il 23enne prestava servizio come di fuciliere in territori bombardati dalle forze Nato tra il 1995 e il 1999. Senatore, specifica l'avvocato non era mai stato informato dei rischi per la sua salute. "La Difesa avrebbe dovuto adottare tutte le opportune cautele contro il rischio uranio impoverito per i militari italiani in missione all'estero", sottolinea Domenico Leggiero, coordinatore dell'Osservatorio Militare, secondo il quale il verdetto "non lascia spazio a equivoci e dubbi: il Ministero della Difesa era a conoscenza dei rischi a cui erano sottoposti i militari che hanno operato in territori bombardati con uranio impoverito e non hanno mai informato il personale". "Queste pronunce della magistratura – prosegue Leggiero – oltre a riportare prepotentemente l'argomento all'attenzione pubblica devono portare ad una profonda riflessione e massimo rispetto per tutti quei 314 morti accertati fino ad oggi ed gli oltre 3.600 malati che continuano a vivere il dramma umano e la beffa di essere ignorati dall'Amministrazione della Difesa che continua incessantemente a negare ed opporsi alla verià'"

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