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Truffa allo Stato e speculazione sull’accoglienza ai migranti: si allarga l’inchiesta

Fiamme gialle di nuovo negli uffici della Regione Campania, i pm vogliono ascoltare anche Vincenzo De Luca. L’inchiesta sulle frodi sui fondi per l’accoglienza ai migranti gira intorno all’associazione “Un’ala di riserva” ed alla Caritas di Teggiano. Fanpage rivela uno dei retroscena che hanno dato origine all’inchiesta.
A cura di Antonio Musella
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a cura di Antonio Musella ed Alessio Viscardi

È intervenuta anche l'Autorità Nazionale Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone sull'inchiesta che riguarda la presunta truffa ai danni della pubblica amministrazione sull'accoglienza ai profughi. Gli uomini della Guardia di Finanza di Roma, su delega dei magistrati titolari dell'inchiesta, Vincenzo Piscitelli, Raffaello Falcone e Ida Frongillo, hanno bussato alla porta degli uffici della Regione Campania nella giornata di ieri acquisendo la documentazione relativa alla gestione dei centri d'accoglienza per migranti risalenti al 2011, durante quella che venne definita "Emergenza Nord Africa" e che vedeva le Regioni gestire direttamente l'accoglienza ai migranti. L'indagine ruota intorno all'associazione "Un'ala di riserva" il cui presidente Alfonso De Martino finì in manette lo scorso maggio insieme a sua moglie Rosa Carnevale. Al centro dell'operazione portata a termine negli uffici regionali al Centro Direzionale di Napoli, ci sono le pratiche di assegnazione dei fondi da parte di due funzionari della Regione Campania Vincenzo Cincini e Giuseppe Mattiello, i quali, secondo le ipotesi dei magistrati, avrebbero indirizzato migranti e finanziamenti verso alcune strutture gestite da "Un'ala di riserva" in cambio di denaro. I pm hanno annunciato che nei prossimi giorni intendono ascoltare anche il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, in modo da capire il funzionamento del settore immigrazione in Regione. I fatti contestati dai magistrati risalgono al 2011 quando la Regione Campania era guidata dal centro destra di Stefano Caldoro. Un primo blitz delle fiamme gialle romane negli uffici della Regione Campania c'era già stato lo scorso 30 settembre.

L'inchiesta su "Un'ala di riserva"

La Procura ipotizza una truffa messa in piedi da De Martino presidente di "Un'ala di riserva" che avrebbe prodotto centinaia di migliaia di euro di guadagni illeciti. L'associazione, dopo aver ottenuto i finanziamenti per la sistemazione dei migranti attraverso mazzette pagate ai funzionari regionali, avrebbe lucrato sui pocket money: il bonus di 2,50 euro al giorno erogato a tutti i rifugiati ospitati nelle strutture di accoglienza. I tagliandi venivano forniti a De Martino da padre Vincenzo Federico della Caritas di Teggiano, che risulta iscritto nel registro degli indagati: Federico avrebbe venduto a De Martino i blocchetti di pocket money del valore di 75 euro ciascuno al prezzo di 50 euro. Il resto dei soldi sarebbe stato versato in nero alla Caritas di Teggiano, mentre i pocket money non sarebbero stati erogati direttamente ai migranti ma trasformati in ricariche telefoniche, fornite dall'edicola gestita dalla moglie di De Martino, la signora Rosa Carnevale. Dalla frode De Martino avrebbe ottenuto fondi illeciti che sarebbero stati usati per l'acquisto di due immobili, uno a Milano e l'altro a Pozzuoli e per il fitto di una sede associativa sempre a Pozzuoli. Dopo numerosi interrogatori De Martino avrebbe fatto delle parziali ammissioni rispetto alle sue conoscenze in Regione Campania. Inoltre sarebbero stati tirati in ballo alcuni ex consiglieri regionali ed il sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia, che avrebbero chiesto assunzioni all'interno dei progetti per il servizio civile ottenuti da "Un ala di riserva" di persone a loro vicine. I politici si sono tutti dichiarati estranei ai fatti. L'inchiesta negli ultimi mesi si è allargata molto tanto da far ipotizzare che intorno ad "Un'Ala di riserva" ed alla Caritas di Teggiano si sarebbe formato un cartello che avrebbe operato illecitamente sull'accoglienza ai migranti.

Il cartello

Secondo l'ipotesi accusatoria, ci sarebbe stata una vera e propria struttura criminale dietro alla gestione delle risorse pubbliche destinate all'emergenza Nord Africa. Un cartello formato non soltanto da Un'ala di Riserva e dalla Caritas di Teggiano, ma anche da altre onlus che sono entrate nell'inchiesta come satelliti della struttura di padre Vincenzo Federico. Si tratta delle cooperative "Il Sentiero" e "Tertium Millennium". Si occupano della sistemazione degli immigrati e di progetti lavorativi indirizzati ai rifugiati politici del Vallo di Diano in provincia di Salerno. Il legale rappresentante della cooperativa "Il Sentiero", Fiore Marotta, è accusato dallo stesso De Martino di aver svolto un ruolo attivo nella frode poiché consegnava mensilmente i blocchetti di ticket e li raccoglieva presso le varie strutture della Caritas di Teggiano. Anche su questi buoni tratteneva una percentuale del 5% come avveniva con le altre strutture non convenzionate con "Un’ala di riserva".

Secondo i magistrati,  De Martino ricavava un guadagno pari al 20% del valore di ogni singolo buono oltre alle ricariche telefoniche acquistate. Tutto questo cartello faceva riferimento all'edicola di Pozzuoli, gestita dalla moglie di De Martino, titolare di una convenzione per il cambio dei ticket del pocket money con ricariche telefoniche. Dagli atti dell'inchiesta si evince che "nel periodo 2011-2013, Rosa Carnevale ha acquistato ricariche per quasi un milione e mezzo di euro, negoziando 582.248 pocket money emessi a favore dei migranti.  Di questi, solo 33.697 (pari a 84.242 euro) in favore dei migranti di "Un’ala di riserva".

Migranti tenuti in pessime condizioni

Da quanto è stato accertato dalla magistratura i migranti ospiti delle strutture erano tenuti in condizioni pessime. Al centro di diverse inchieste, collegate alla principale della Procura di Napoli, sono finite diverse strutture: la prima a Licola nel Comune di Giugliano in provincia di Napoli, da cui ha avuto origine l'inchiesta e le altre a Sparanise, in provincia di Caserta ed a Parete sempre in provincia di Caserta. Gli inquirenti nel corso delle ispezioni avrebbero trovato condizioni igienico sanitarie pessime ed una condizione di degrado generale in cui venivano tenuti i migranti. In alcuni casi le strutture erano prive del certificato di abitabilità, in pratica non avrebbero potuto ospitare nessuno. Ed invece centinaia di migranti venivano stipati all'interno dei centri, mentre le associazioni tenevano in piedi un bussiness illecito.  Il 23 febbraio scorso una rivolta degli ospiti del centro di Parete accese i riflettori sulla struttura che venne poi chiusa dalla magistratura territoriale così come quella di Sparanise in provincia di Caserta. L'inchiesta sarebbe partita dalla denuncia di alcuni migranti provenienti dalla Somalia che avrebbero raccontato ai magistrati il sistema di frode sui pocket money.

Il retroscena

Sarebbero stati dunque gli stessi migranti a far scattare l'inchiesta. A quanto apprende Fanpage.it alcuni migranti però sarebbero stati a libro paga: all'interno della comunità somala alcuni referenti sarebbero stati stipendiati in nero, con il compito di tenere la situazione tranquilla all'interno delle strutture di accoglienza. Qualcosa però deve essere andato storto. I "referenti" somali non avrebbero più ricevuto il loro compenso ed avrebbero fatto scattare un raid contro la sede dell'associazione distruggendo computer e suppellettili. Poco dopo ai magistrati sarebbero arrivate le dichiarazioni dei migranti che svelavano la truffa sui pocket money.

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