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A Santa Maria Capua Vetere è sepolto Mischa Seifert, un criminale nazista

Michael Seifert, detto “Mischa” e conosciuto come il “boia di Bolzano” è sepolto nel cimitero di Santa Maria Capua Vetere dal 2010, quando morì dopo due anni di detenzione nel carcere della cittadina casertana. Era stato condannato nel 2000 ed estradato dal Canada nel 2008. Era stato accusato di quasi venti omicidi nel centro di “transito” delle SS in Alto Adige.
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A cura di Giuseppe Cozzolino
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Michael "Mischa" Seifert
Michael "Mischa" Seifert

Nel cimitero di Santa Maria Capua Vetere è sepolto un criminale di guerra nazista. Si tratta di Michael Seifert, detto "Mischa" ma conosciuto con il soprannome di "il boia di Bolzano". Accusato di quasi una ventina di omicidi durante il periodo in cui fu addetto alla vigilanza nel campo altoatesino, Seifert fu catturato in Canada nel 2000 e condannato per diversi crimini all'ergastolo. Estradato in Italia nel 2008, morì poi nel 2010. Da allora, è sepolto nel cimitero di Santa Maria Capua Vetere, città nel cui carcere era detenuto dopo la sua estradizione.

Ma qualcuno, a pochi giorni dalla Festa della Liberazione, ha deciso di "omaggiarlo" deponendo dei fiori sulla sua tomba. E così l'Anpi Caserta ha chiesto in una lettera, congiuntamente alla sezione altoatesina, che al criminale di guerra nazista venga data sepoltura anonima, per evitare episodi simili in futuro da parte di ignoti dalle evidenti "simpatie" neo-naziste. "Un'offesa alle vittime della sua disumana violenza ed a tutte le vittime del nazifascismo", hanno spiegato Guido Margheri e Agostino Morvillo, presidente delle sezioni Anpi Alto Adige e Caserta.

Michael "Mischa" Seifert, il boia di Bolzano

Michael Seifert, ucraino di origine tedesca, soprannominato "Mischa", entrò giovanissimo nelle SS, quando aveva solo 19 anni: era il 1943, e la guerra aveva già preso la parabola discendente per il Terzo Reich ed i suoi alleati italiani e giapponesi. Un anno dopo, a soli vent'anni, venne mandato in Italia, che nel frattempo era passata da alleata a nemica dei tedeschi: da dicembre 1944 all'aprile del 1945 divenne addetto alla vigilanza del campo "di transito" di Bolzano. E' qui, oltre che nel campo di concentramento di Fossoli, che il giovane Seifert si rese protagonista di almeno diciotto decessi tra i civili, molti dei quali adolescenti. Finita la guerra, fuggì in Canada, si sposò ed ebbe un figlio: ufficialmente, si spacciava per estone, e riuscì ad ottenere un passaporto canadese. Ma è lì che nel 1960 venne rintracciato dalla Croce Rosse tedesca: le autorità della Germania Ovest, però, non procedono e lo considerano un "disperso".

Sessant'anni di "latitanza", poi l'arresto

Passarono gli anni, e alla fine Seifert viene rintracciato di nuovo sono il 17 novembre del 2000, quando su segnalazione dell'Anpi un giornalista del Vancouver Sun lo immortala in una foto. Il giornalista era Bill Keay, e le sue foto furono fondamentali per catturarlo e, soprattutto, identificarlo. Al processo contro di lui testimoniò anche Mike Bongiorno, che era stato tra i prigionieri di quel campo e testimone diretto di quello che tra i detenuti era diventato "il boia di Bolzano". Condannato all'ergastolo, fu estradato dal Canada e trasferito nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere il 16 febbraio del 2008. Ma non vi restò molto: il 25 ottobre del 2010 si ruppe un femore, e fu per questo ricoverato all'ospedale di Caserta, con le sue condizioni già gravi a causa di una peritonite. Morì il 6 novembre 2010, e fu sepolto nel cimitero di Santa Maria Capua Vetere, dove si trova tutt'ora.

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