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In ricordo di Ezio Bosso. Che amava Napoli e ci spiegò la nobiltà di Pino Daniele come nessuno mai

Il grande Ezio Bosso, morto a 48 anni dopo una lunga malattia degenerativa, amava la produzione musicale napoletana e fu l’unico a spiegare, dopo la sua prematura morte, la vera essenza della ricerca musicale di Pino Daniele, paragonando il suo approccio polifonico a Gesualdo Da Venosa, nobilitando il lavoro degli ultimi anni del cantautore partenopeo. Ezio Bosso incise degli inediti con Pino Daniele.
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Ezio Bosso amava Napoli e la musica napoletana. Non si tratta di un modo di dire, non è una di quelle cose che si fa automaticamente quando muore un grande artista.

Dimostrò da par suo, con poche ma moderate parole, ricche di sentimenti e di competenza, cosa significa amare la produzione artistica di qualcuno o di un territorio.

Prima di smettere di suonare confidò di "aver vissuto Napoli" ma, con una punta di rimpianto, forse, di non aver mai fatto concerti al Teatro San Carlo. In Campania Bosso, morto a 48 anni causa di una malattia degenerativa, l'ultima volta venne ad agosto 2019 per dirigere l'orchestra Filarmonica Giuseppe Verdi di Salerno alla Reggia di Caserta: Danze ungheresi di Johannes Brahms; sinfonia 9 in Mi minore di Dvoràk, il Boléro di Maurice Ravel.

Nel bel docufilm di Giorgio Verdelli su Pino Daniele, Ezio Bosso raccontò il Mascalzone Latino come non mai. Ma cosa univa un musicista classico e un chitarrista e cantante di blues? Erano amici ma non solo. Il pianista e direttore torinese morto a causa di una lunga e devastante malattia degenerativa aveva una ‘celeste corrispondenza' con la ricerca musicale del cantautore partenopeo anch'egli prematuramente scomparso per una patologia cardiaca.

Le parole di Ezio Bosso nel docufilm di Verdelli nobilitarono la ricerca di Pino Daniele che negli anni della maturità musicale staccò dal suo repertorio tradizionale e da quello in dialetto napoletano per andare oltre, incontrando suoni mediterranei, mediorientali, africani, indiani, ricercando la radice di antiche musiche:

"Pino  aveva un approccio polifonico esattamente come Gesualdo Da Venosa inventa la polifonia. Pino aveva quell’approccio: ogni strumento era immaginato come timbro, come compendio, il contrappunto. Aveva una sensibilità forte al contrappunto.

Probabilmente – ma qui siamo nell’ambito della teoria – quando scopre Gesualdo Da Venosa non scopre un musicista, scopre un fratello. Si riconosce in quel personaggio meraviglioso della storia che cambia le regole del canto, che ai tempi era uno solo, e anche lui (Pino) pensa: In fondo anche io cambio le regole del Blues e lo metto in napoletano".

Come ha spiegato a fanpage.it lo stesso Giorgio Verdelli, Ezio Bosso incise degli inediti con Pino Daniele: "Mi auguro ora che siano recuperati e messi in circolo, sono un documento straordinario di due grandi uomini che mi onoro di aver incrociato nella mia vita".

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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