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backstair / Camorra Entertainment

“Non ti scordar di me!”. Così la camorra uccide un innocente: la storia di Lino Romano

Lino Romano, operaio di 30 anni di Cardito, è stato ucciso sotto casa della fidanzata il 15 ottobre 2012, nel pieno di una faida di camorra. Gli spararono i killer degli Scissionisti, che stavano aspettando un rivale che era passato coi “Girati” della Vanella Grassi. La sua storia, e quella delle altre vittime innocenti di camorra, è raccontata nella terza puntata dell’inchiesta “Camorra Entertainment” di Fanpage.it.
A cura di Nico Falco
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Il 15 ottobre 2012 a Marianella pioveva a dirotto. Era una di quelle serate da starsene a casa, sotto le coperte. Ma Lino Romano, quel lunedì, aveva preso un impegno con gli amici. Una partitella a pallone, perché anche nella periferia di Napoli, dopo una settimana di lavoro, devi pur concederti uno sfizio. Era il periodo della seconda scissione, quello della guerra tra gli Scissionisti e i Girati della Vanella Grassi. Quella sera Lino, giovane operaio di Cardito, prima di andare a giocare era passato a salutare la fidanzata. Era l'ultima volta che l'avrebbe vista. L'aveva salutata con un bacio, perché tanto mica stava andando al fronte: un'oretta sul campo e si sarebbero sentiti di nuovo.

Non poteva saperlo, ma in una guerra stava per entrarci. Sotto al palazzo c'era una batteria di fuoco degli Scissionisti. I killer stavano aspettando un traditore, uno che prima stava con loro e che poi era passato con la Vanella. L'obiettivo si chiamava Domenico Gargiulo, Sicc ‘e penniello. Erano in attesa di un segnale, perché anche il traditore era stato tradito. Anche lui era in quel palazzo, era stato attirato con la promessa di soldi ed era proprio in casa della basista, che avrebbe dovuto mandare un sms ai sicari quando avrebbe lasciato l'appartamento. Poi sarebbe stata questione di un attimo: leggi il display, aspetta qualche secondo, spara alla prima persona che esce.

Quel messaggio non era ancora arrivato quando si aprì il portone. Ma non era Domenico Gargiulo, era Lino Romano. Aveva salutato la sua Rosanna e stava andando verso la Clio parcheggiata là vicino. Era buio e pioveva forte. Uno dei sicari, Salvatore Baldassarre, vide un uomo che usciva dal palazzo e tirò su la pistola. Appena Lino entrò in macchina, quattordici colpi. Sono trenta secondi di spari. Quattordici "botte" addosso a Lino, ai suoi trent’anni e ai suoi sogni che si spensero in una notte sotto la pioggia di Marianella, con la fidanzata che lo aveva appena salutato e gli amici che lo aspettavano sul campo. La storia è quella finita nel telefilm Gomorra, quando per uno scambio di persona i killer uccidono un innocente al posto di Lelluccio, il figlio di Chanel. Un altro nome nell'elenco delle vittime innocenti di camorra, uccise da pallottole vaganti o trucidate perché scambiate per nemici da abbattere; la storia di Lino è raccontata nella terza e ultima puntata di Camorra Entertainment, l'inchiesta giornalistica di Fanpage.it sui neomelodici, partendo da Tony Colombo e Tina Rispoli.

Gli episodi dell’inchiesta

Eppure Baldassarre, per un momento, si era reso pure conto che, forse forse, aveva sbagliato persona. Che quello sul sedile non era Sicc ‘e penniello ma un povero cristo che non c'entrava nulla. Il dubbio gli era venuto. Ma aveva continuato a premere il grilletto, fino a scaricare tutto il caricatore. Perché, come avrebbe poi detto a un altro affiliato, "Io, quando inizio a sparare, poi non mi fermo". A quell'agguato parteciparono anche Giuseppe Montanera e Giovanni Vitale, detto Gianluca. Il 21 dicembre 2012, mentre usciva in manette dalla caserma della Guardia di Finanza, Vitale sorrideva e mandava bacetti alla piccola folla che si era radunata là fuori, così come aveva fatto anche Baldassarre uscendo dalla caserma dei carabinieri il 13 marzo 2013. Sono stati condannati tutti e tre all'ergastolo.

Domenico Gargiulo, invece, dopo essere scampato ad un altro paio di agguati, l'hanno trovato morto nel bagagliaio di un'automobile l'8 settembre 2019. I familiari ne avevano denunciato la scomparsa qualche giorno prima. Si era fatto tatuare una data: 15 ottobre 2012, quella in cui un altro era morto al posto suo. Perché Napoli si può morire anche per un messaggino non inviato. E di un ragazzo di 30 anni rimane solo un altro messaggio, quello che Rosanna custodisce ancora gelosamente, scritto a mano su un post it sgualcito che lei avrà aperto e richiuso mille volte: “Ciao Rosanna, non ti scordar mai di me!! Baci”.

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