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Quando Nerone chiuse lo stadio di Pompei dopo una rissa tra pompeiani e nocerini

L’episodio nel 59 dopo Cristo: tra Pompeiani e Nocerini i rapporti si erano già guastati due anni prima, con la deduzione a colonia di Nuceria. Allo stadio la resa dei conti, con morti e feriti: Nerone, convocato il Senato, ebbe la mano pesante. Stadio chiuso per dieci anni, scioglimento dei collegia e l’esilio per gli incitatori della rissa, tra cui anche un senatore stesso.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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L'affresco della Zuffa tra pompeiani e nocerini, oggi esposto al Museo Nazionale di Napoli.
L'affresco della Zuffa tra pompeiani e nocerini, oggi esposto al Museo Nazionale di Napoli.

Le risse allo stadio sono diventate un triste fenomeno con cui fare i conti ormai quasi a cadenza settimanale. Le botte da orbi tra "opposte fazioni" non sono però una novità per l'Italia, che con queste cose deve fare i conti praticamente dall'alba dei tempi. Già all'epoca dei romani, infatti, negli stadi (o anfiteatri) accadevano fatti del genere. Uno di questi è stato addirittura documentato da Tacito, che nei suoi Annales racconta la rissa, le cause e le sanzioni che l'imperatore Nerone, dopo averne discusso in Senato, decise nei confronti dei protagonisti della rissa.

Tacito racconta infatti della grande rissa tra Pompeiani e Nocerini nell'anfiteatro di Pompei, durante alcuni giochi gladiatori, che portarono all'esilio vero e proprio dei protagonisti, chiusura dello stadio, e perfino lo scioglimento dei "gruppi organizzati". Insomma, qualcosa di molto simile a Daspo, chiusure delle curve e arresti vari di cui si legge in questo periodo sui giornali. La rissa, all'epoca, divenne talmente famosa da essere dipinta negli affreschi. In uno di quelli recuperati oggigiorno si legge ancora una scritta, tristemente attuale: "Campani Victoria una cum nucerinis peristis", ovvero, "O Campani, siete morti insieme ai Nocerini in quella vittoria", un chiaro riferimento alla "vittoria" dei Pompeiani sui Nocerini che però ne sottolineava ancora più la decadenza morale.

Il contesto storico

Nel 57 dopo Cristo, Roma aveva deciso la "deduzione" a colonia di Nuceria, a svantaggio della vicina Pompei. Di fatto, la città pompeiana aveva perso gran parte di quello che era il suo terreno agricolo, all'epoca esteso in gran parte dell'attuale agro nocerino-sarnese. Proprio la deduzione a colonia, ovvero l'insediamento di cittadini romani a Nuceria che ne facevano una nuova cittadina con cui fare i conti per quanto riguarda il proprio sviluppo, mise subito "contro" le due città romane della Campania, con i pompeiani particolarmente in competizione con i "nuovi" vicini nocerini.

La rissa vera e propria all'Anfiteatro

Due anni dopo, i nodi vennero al pettine. Durante uno spettacolo di gladiatori nell'Anfiteatro di Pompei, vi erano presenti sia i cittadini del luogo, tutti pompeiani, sia molti nocerini, giunti dalla vicina Nuceria che, come tale, non possedeva ancora grandi luoghi pubblici, a differenza dei loro vicini. Gli screzi iniziarono subito, ma non era la prima volta che accadeva: gli insulti tra "opposte fazioni" erano all'ordine del giorno un po' in tutti gli anfiteatri romani, e del resto anche nella stessa Roma a volte si veniva alle armi, anche tra cittadini della stessa Urbe.

Il grande storico romano Tacito, nei suoi Annales, racconta però bene quell'episodio particolare avvenuto a Pompei, viste anche le conseguenze successive. Tra un insulto e l'altro, infatti, mentre i giochi proseguivano, si passò alle vie di fatto: i pompeiani, avvantaggiati dal fatto di "giocare in casa" ed essere quindi meglio attrezzati e più numerosi rispetto agli "ospiti" nocerini, alzarono il tiro. Impossibile stabilire con certezza se furono loro ad "attaccare" per primi, ma quel che è certo è che ad avere la peggio furono i nocerini, inferiori per numeri e mezzi. Sassate prima e armi dopo, in molti resteranno sul terreno, uccisi dai pompeiani. Altri tornarono a Nuceria feriti in maniera pesante, e tutto lasciò pensare che a breve sarebbero tornati per "vendicarsi".

La notizia arrivò fino a Roma, dove in quel momento comandava l'imperatore Nerone che, sconvolto, portò la vicenda davanti al Senato Romano che non andò per il sottile: chiusura dell'anfiteatro di Pompei per dieci anni e lo scioglimento dei collegia (vere e proprie associazioni di arti e mestieri, simili agli odierni sindacati). Vennero anche prese sanzioni contro l'organizzatore dei giochi, il senatore Livineio Regolo, e contro molti di quelli che avevano incitato la rissa: tutti condannati all'esilio, come riporta Tacito stesso. Successivamente, l'interdizione all'anfiteatro venne "ridotta" a soli due anni, pare per l'intervento di Poppea che, in zona, possedeva diverse ville.

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