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È morto Luigi Bartolomeo, finito in coma poche ore dopo l’arresto

“È entrato nel carcere di Poggioreale sulle sue gambe, come è possibile che sia finita così?”. Questo è quanto si domandano i familiari. Sul caso è stata aperta un’inchiesta.
A cura di Gaia Bozza
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Luigi Bartolomeo non ce l'ha fatta. È morto poche ore fa, nella sala di rianimazione dell'ospedale Loreto Mare di Napoli dove è stato ricoverato il 22 ottobre scorso, in coma. Era detenuto, e in poche ore è passato da una cella del carcere di Poggioreale al Pronto Soccorso, e poi alla sala di rianimazione. Da quel giorno, una lunga agonia durata quasi un mese. E tantissime ombre su cosa possa essere accaduto in una manciata di ore. I parenti, che hanno ricevuto il permesso di vederlo solo dopo molti giorni e una campagna mediatica iniziata dall'associazione ex detenuti guidata da Pietro Ioia,  hanno avanzato ipotesi su questa agghiacciante storia: prima su chi lo avesse ridotto così, poi sull'assistenza sanitaria. In un primo momento i parenti e l'associazione hanno puntato l'indice contro le forze dell'ordine, successivamente hanno riferito che l'uomo, mentre era agli arresti domiciliari in casa, è stato aggredito e malmenato da due conoscenti del suo quartiere, Ponticelli, mandati dalla sue ex convivente. Sulla vicenda la Procura di Napoli ha aperto una inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Luigi Frunzio. La Procura disporrà l'autopsia, chiesta anche dal'avvocato Michele Capano, legale della famiglia Bartolomeo. Il penalista chiede che venga fatta chiarezza innanzi tutto sull'assistenza sanitaria prestata nel carcere di Poggioreale per verificare eventuali ritardi nel trasferimento dal penitenziario all'ospedale, avvenuto il giorno successivo all'ingresso in carcere. Bartolomeo, che presentava ecchimosi sul volto e sul corpo, fu ricoverato in prognosi riservata per gravi problemi polmonari.

"È entrato a Poggioreale sulle sue gambe, come è possibile che sia diventato grave in così poche ore?". Questo è quanto si domanda il fratello di Bartolomeo, Gaetano. "Troppe ombre su questa vicenda – sottolinea Ioia – Se fosse già stato grave sarebbe dovuto essere trasportato direttamente in ospedale. E se invece non era grave, cosa è successo in così poco tempo? Sappiamo solo che era vivo in mano allo Stato e oggi è morto. Dopo un mese di atroci sofferenze".

L’intricata vicenda di Luigi Bartolomeo inizia il 21 ottobre scorso: nella stessa giornata evade due volte dai domiciliari a Ponticelli, la zona di Napoli in cui abita. La prima volta viene preso dai carabinieri: ne nasce una colluttazione che si conclude con l’arresto dell’uomo, che viene riportato ai domiciliari. La seconda volta viene sorpreso in strada dalla polizia: anche in questo caso Bartolomeo si ribella all’arresto, due poliziotti vengono refertati in ospedale e sarebbe stato proposto anche a lui un ricovero, ma lo avrebbe rifiutato. Di certo c'è che questa volta, Bartolomeo viene portato nel carcere di Poggioreale: il giorno dopo, 22 ottobre, c’è il processo per direttissima. Condannato a un anno e quattro mesi; in quella occasione incontra l’ultima volta l’avvocato d’ufficio, che – secondo il racconto della sorella – gli chiede conto senza successo del suo volto tumefatto. E se fino a qui gli elementi sono scarsi, su cosa sia successo dopo cala il buio totale. Nelle ore successive Bartolomeo, che poche ore prima era in grado di ingaggiare una colluttazione con le forze dell’ordine, varca la soglia del Pronto Soccorso dell’ospedale Loreto Mare e viene portato in rianimazione. In coma.

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