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Vittime di camorra, chi era veramente Maikol Giuseppe Russo

Maikol Giuseppe Russo è stato ucciso per errore la sera del 31 dicembre 2015 in piazza Calenda a Forcella, nel cuore di Napoli, in un agguato camorristico.
A cura di Angela Marino
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Il suo nome è Babi, è un bimbo di etnia rom di 7 anni cresciuto nei vicoli di Forcella, a Napoli. Ha lo sguardo intelligente e profondo, grandi occhi cerulei, i capelli chiari. È un bimbo sfortunato, Babi: entrambi i genitori sono finiti in carcere per piccoli reati e di lui non si prende cura nessuno, a parte i nonni, che però non riescono a stargli dietro. Sfortunato, non tanto perché lontano dai genitori, che presto o tardi rivedrà e neanche perché vive ai margini di una società che non riesce e non sa prendersi cura di lui, ma perché dal 31 dicembre scorso è orfano. L’unica persona che lo aveva cresciuto, tra stenti e mille difficoltà, se n’è andata via per sempre.

Era Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, due figli di 5 e 2 anni, a occuparsi di lui. Lo aveva tenuto lontano dall’accattonaggio, gli comprava da mangiare, lo accudiva, gli procurava vestiti e scarpe. Babi pesava tutto il giorno con lui o nell’internet point dove giocava ai videogame, a pochi passi dal teatro Trianon, nel cuore di Forcella. È Weezy, cittadino ghanese amico di Maikol a gestire l’esercizio commerciale. Toccherà a lui, probabilmente, dire al piccolo che Maikol non c’è più e che da oggi è solo. Come farà a spiegargli che l’unico, padre, amico, fratello, che abbia avuto finora se n’è andato senza un perché, vittima di un attentato i cui contorni non sono ancora chiari, ma rispetto al quale c’è una sola certezza: non era destinato a uccidere Maikol. Come spiegare a Babi che si può morire giovanissimi, a 27 anni, per la sola colpa di trovarsi al posto sbagliato al momento sbagliato, uccidi a sangue freddo dai killer di quelli che, più che clan sembrano bande rivali?

Sette anni sono troppo pochi per capire cos’è la morte e lo sono ancor di più per una terribile verità: la morte è iniqua. La morte porta via i padri di famiglia che vivono onestamente vendendo calzini per strada, strappandoli alle persone care, ai genitori, ai figli e a chi hanno amato e protetto per semplice istinto, per umanità, per generosità. Un giorno Babi capirà cos’è successo e dovrà scegliere se lasciare spazio alla rabbia o a un sentimento di orgoglio e fierezza per aver avuto, sebbene solo per una manciata di anni, una persona speciale a preservare la sua innocenza. Su quella scelta non potrà non pesare come un macigno il valore che Napoli avrà dato a questa morte – l’ennesima – per un delitto di camorra. E le riposte che le istituzioni, la politica e la società civile avranno dato all’egemonia criminale.

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