Al campo scuola con i volontari della chiesa: Andrea torna a casa in una bara
Estate del 2010, dalla Parrocchia dei Barnabiti di San Felice a Cancello, piccolo comune al centro della Campania, un gruppo di giovani volontari diretti in Albania parte per un campo scuola destinato ai bambini in difficoltà. Con le loro magliette gialle e i berretti colorati, ragazzi e ragazze di ogni età arrivano a Tirana, dove comincia quella che per loro è una specie di vacanza. Per i primi tre giorni è tutto risate, foto e scherzi, fino a quando non accade qualcosa che renderà quel viaggio l’incubo peggiore della loro vita. Mentre sono in gita sulla riva del fiume Skuray, a pochi passi da Tirana, uno dei ragazzi, Andrea Ruotolo, 25 anni, giovane laureato in ingegneria chiamato affettuosamente ‘il prete’ per la sua dedizione alla chiesa, perde la vita in uno strano incidente.
Quattro ore dopo, uno dei religiosi della parrocchia dei Barnabiti si presenta a casa dei Ruotolo a San Felice, informandoli che il ragazzo ha avuto un incidente, ha battuto la testa ed è in coma. Non è vero, Andrea è già rigido, ma i religiosi continuano a rimandare quella terribile verità, finché mamma Angela scatta: “Basta, chiamiamo l’ospedale!”. Non si può più tergiversare: “Andrea è morto”, confessano. I Ruotolo vorrebbero andare in Albania, ma i padri li dissuadono. Restano in Campania, nella rassegnata attesa di quel figlio che hanno salutato tre giorni prima e che ora torna in una bara. Sigillata.
Una strana morte
Andrea viene seppellito senza che i genitori possano vederlo. Gli effetti personali di Andrea, rimasti in Albania, invece, arrivavano dopo poco meno di un anno insieme al referto dell’autopsia. L’esame stabilisce che la morte è avvenuta per ‘annegamento’. Andrea, insomma, sarebbe affogato mentre faceva il bagno nel fiume sotto gli occhi dei suoi compagni di viaggio (almeno 10 persone). Dal referto si legge che i polmoni sono apparsi ‘arieggiati e senza liquidi’. Come è possibile annegare con i polmoni liberi? Inoltre, strane lesioni vengono riscontrate sulla fronte, sul collo e sulla spalla. Secondo l’esame sarebbero segni riconducibili all’azione di "uno strumento duro e liscio" e risalgono a un tempo precedente alla morte.
La corrispondenza con il prete
Altre circostanze fanno dubitare Antonio, Angela e Monica, la sorella di Andrea, di essere a conoscenza di tutta la verità. Dopo la morte del ragazzo alcuni amici si erano presentati per chiedere i suoi cellulari dai quali, dicevano, dovevano prelevare materiale foto e video. I due cellulari vengono poi riconsegnati ai genitori, mentre un religioso si presenta per chiedere delle lettere che il giovane aveva ricevuto da un prete con il quale intratteneva una corrispondenza privata. Ne hanno bisogno per scrivere un libretto in memoria di Andrea, spiegano, assicurando che verranno restituite, ma indietro ritornano solo le buste. Non solo: nel libretto non vi è traccia delle lettere.
Il costume bruciato
Cosa contenevano quei fogli? Perché gli amici di Andrea avevano bisogno di foto e video? Si tratta di materiale che Antonio e Angela non dovevano vedere? Nella loro semplicità i Ruotolo avevano consegnato con piena fiducia quegli oggetti, mentre loro, invece, non hanno mai riavuto indietro parte degli indumenti indossati da Andrea. Maglietta calzini e scarpe sono tornati a casa Ruotolo, ma all’appello manca il costume da bagno del ragazzo: che fine ha fatto? Il parroco che guidava la missione ammette di averlo tenuto per sé per poi distruggerlo, una volta tornato in Italia. Perché lo ha fatto? “I vestiti dei morti vanno bruciati”, spiega il sacerdote. Perché non ha bruciato anche gli altri? Si domandano i genitori.
I sospetti
Proprio a lui i genitori decidono di chiedere conto di tutte quelle stranezze e sfogare i propri assillanti dubbi sull'incidente. Per tutta risposta si sentono dire che non devono ‘cedere a Satana’, al male che si sta insinuando in loro attraverso le ferite. È a quel punto che si apre una frattura insanabile tra i Ruotolo e la parrocchia. La famiglia colpita dal lutto vuole risposte, per i religiosi invece è tutto chiaro. I Ruotolo si rivolgono così alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?' per chiedere giustizia.
La morte di Andrea in un video?
Nel corso di una puntata dove si parla del caso di Andrea viene mandato in onda l’ultimo filmato che ritrae Andrea in Albania prima della morte. Un video che potrebbe contenere informazioni importanti. “Alla veglia funebre – raccontano i Ruotolo – un’amica di Andrea ci ha detto che quel filmato è stato tagliato”. “C’era dell’altro, ma non ci ha detto cosa”. “Se qualcuno ha il video integrale ce lo faccia avere”, supplicano.
Le indagini
Intanto, la piccola comunità di San Felice apprende per la prima volta dalla Tv che in Italia è stata aperta un'indagine. Mentre la Congregazione si occupa di difendere i propri religiosi da eventuali accuse – sebbene l'inchiesta sia a carico di ignoti – la trasmissione cerca di raggiungere il parroco che era in Albania, il quale, però, dopo i fatti si è trasferito in un’altra parrocchia. Anche il seminarista che ha girato i video, diventato prete, è stato trasferito in un altro paese, apprendono gli inviati di ‘Chi l’ha visto?'.
La polemica a Chi l'ha visto?
È un altro, tuttavia, il video che fa parlare della vicenda di Andrea. Si tratta di immagini girate in Albania e che nulla hanno a che vedere con l'incidente. Protagonista, il prete che guidava la missione (lo stesso che non ha consegnato il costume di Andrea ai suoi) e alcuni ragazzi, a fianco al quale, è seduto lo stesso Andrea. Il ragazzo volta la testa dall'altra parte, mentre questi ‘scherza' con un altro ragazzo toccandolo in un modo che nelle immagini appare inappropriato. Il video scatena commenti negativi e polemiche. ‘A noi queste immagini non piacciono’ commenta la conduttrice.
L'epilogo
Oggi, dopo sette anni dai fatti, la Procura si appresta ad archiviare il caso, ma i Ruotolo sono più determinati che mai ad avere tutte le risposte in sospeso: cosa è successo ad Andrea? I segni sul corpo sono dovuti a percosse? Perché i suoi cellulare non è stato esaminato dalla polizia? E poi c’è un’altra domanda: perché sulle foto del corpo giunte dall’Albania c’è uno strumento con la scritta in italiano ‘Polizia scientifica’?