Angela Gentile uccisa perché era l’amante del boss Belforte, ergastolo alla moglie
Il gup di Napoli ha condannato a 30 anni di carcere Domenico Belforte e all'ergastolo la moglie, Maria Buttone, per la morte di Angela Gentile, uccisa perché aveva avuto un relazione con il boss di camorra Domenico Belforte, capoclan di Marcianise, e perché da lui aveva avuto anche una figlia. Se ne erano occupati i sicari del clan, mai identificati, e il corpo fu fatto sparire e non è stato mai ritrovato. La decisione di ucciderla era partita dalla moglie di Belforte, Maria Buttone, che aveva convinto il marito a cancellare tutte le tracce di quel rapporto extraconiugale. Tutte, tranne una: da quella relazione era nata una bambina, che era figlia di Angela Gentile ma anche di Domenico Belforte. La ragazzina fu accolta in casa del boss, la moglie l'ha cresciuta come fosse figlia sua. E ieri quella bambina ormai donna ha saputo di avere sempre vissuto con le due persone che hanno fatto uccidere sua madre.
Angela Gentile sparì nel nulla il 28 ottobre 1991, dopo aver accompagnato la figlia a scuola. Le indagini furono svolte dalla Squadra Mobile di Caserta. Secondo la Dda, sulla base delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, è stata uccisa perché, con quella relazione e soprattutto con quella figlia, aveva messo in ridicolo la moglie del boss, che così aveva deciso di vendicarsi convincendo il marito a ordinare quell'omicidio.
A febbraio, durante il processo, Belforte si era addossato tutta la colpa, dicendo di avere incontrato Angela Gentile per spaventarla e che era partito un colpo di pistola che l'aveva colpita al cuore, e aggiungendo di aver buttato il corpo nei regi lagni insieme a due complici. Secondo la versione dei collaboratori di giustizia, invece, la donna fu prelevata in un parcheggio da tre uomini e il corpo fu seppellito nel quartiere Puzzaniello di Marcianise, "vicino ai pilastri della strada detta ex Pontello".
Maria Buttone è libera da qualche mese, dopo essere stata scarcerata. Il magistrato napoletano ha condannato anche altri due imputati, affiliati al clan Belforte, per l'omicidio del netturbino Antonio Piccirillo, ucciso nel 1996: sono stati infilitti 20 anni a Antonio Della Ventura e Antonio Bruno.