L’ombra del clan sulla ricostruzione a l’Aquila: arrestato l’imprenditore dei Casalesi
In manette l'"imprenditore del clan dei Casalesi". Nelle prime ore della mattinata di ieri, il Ros Carabinieri di Napoli- Distaccamento di Caserta, ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'imprenditore edile Raffaele Cilindro, gravemente indiziato del delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso. Cilindro era uno degli imprenditori che si aggiudicarono gli appalti nella ricostruzione post-terremoto a l'Aquila. L'uomo d'affari è ritenuto dagli inquirenti colluso con la fazione camorristica diretta da Michele Zagaria che avrebbe finanziato con versamenti di denaro periodici, nonché di avere avuto il compito di mantenere i contatti fra gli affiliati. L'imprenditore avrebbe tra l'altro accompagnato Pasquale Zagaria, fratello del boss Michele, a summit di camorra mentre avrebbe ospitato e nascosto il capo clan durante la latitanza. Nello stesso contesto, è stato eseguito un provvedimento di sequestro di beni nella disponibilità diretta ed indiretta dell'indagato, nonché delle società a lui riconducibili, stimabili in circa 1 milione e 500mila euro.
L'imprenditore incastrato dalle rivelazioni dei pentiti
Gli elementi indiziari, basati su intercettazioni telefoniche ed ambientali nonché sulla diretta osservazione dei Carabinieri del Ros, sono stati integrati dalle recentissime dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, già appartenuti al clan dei casalesi, "gruppo Zagaria" : si tratta di Affilio Pellegrino, detentore dal 2010 della cassa del clan, e di Massimiliano Caterino, uomo di estrema fiducia del capo clan, da lui incaricato di mantenere i rapporti con gli imprenditori di Casapesenna (Caserta). Secondo quanto ritenuto nella ordinanza cautelare, le indagini hanno consentito di documentare gli stabili contatti dell'imprenditore con storici appartenenti al "clan Zagaria"e con appartenenti al ristretto nucleo familiare di Michele, ovvero i fratelli Pasquale e Antonio Zagaria e di accertare che i frequenti viaggi a Venezia, apparentemente organizzati per trascorrere serate in compagnia di altri imprenditori al casinò del capoluogo veneto, in realtà erano finalizzati a riciclare denaro per conto del clan.