Vergogna al cimitero di Secondigliano: bare abbandonate e tombe fra i calcinacci
Le bare vuote ricoperte alla meglio con sacchi azzurri e in mezzo alle sterpaglie parlano chiaro. Il cimitero di Secondigliano si trova ormai in una cronica situazione di abbandono denunciata da chi lo frequenta e non si rassegna all’incuria «in un luogo che dovrebbe meritare più rispetto», come dicono i familiari dei defunti. Raccontano il disagio quotidiano con rabbia ed amarezza, basta sostare all’ingresso di via del Cassano ed avvicinarli per scorgere nei loro volti e nelle loro parole l’impotenza dell’essere inascoltati. Entrando, poi, nel camposanto, attraversando vialetti e visitando i loculi, arriva la conferma. Ascensori non funzionanti, bagni rotti o chiusi, erbacce tra le tombe, crolli dei monumenti funebri recintati da reti protettive, cumuli di materiali di risulta accatastati lungo le inferriate di confine divelte, sprofondamenti del terreno che, qualche anno fa, hanno ingoiato pure le casse.
«Non vennero fatti i saggi di suolo e sottosuolo: poiché c’erano delle cave sottostanti, è crollato tutto – spiega il consigliere della settima municipalità Vincenzo Mancini, fattosi portavoce della protesta -. Eppure si tratta dell’ala nuova, interessata cinque anni fa dai lavori di ampliamento. Non c’è nemmeno l’acqua per i fiori, pulizia assente, nessun intervento di manutenzione. Possibile che un parente o un amico che va a trovare un proprio caro deve mettersi a bonificare la tomba invasa da rovi ed insetti o stare attento alla caduta di calcinacci? Le bare, forse usate per le esumazioni, lasciate incustodite in mezzo alla vegetazione selvaggia sono, poi, uno spettacolo vergognoso. I cittadini pagano una tassa di 10 euro all’anno con valore retroattivo, cioè a loro viene chiesto il conto anche dei quattro anni precedenti il primo pagamento. Che fine fanno questi soldi che il Comune incassa e destinati alla gestione dei cimiteri cittadini?».
È il cosiddetto “contributo per giardinaggio, nettezza e decoro”, che però, vista l’obbligatorietà, diventa una vera e propria imposta sui morti. «Un canone annuo che è prelievo forzoso – sbotta Mancini mentre annuncia azioni dimostrative per richiamare l’attenzione sui guasti del camposanto della periferia nord -. Ci sentiamo presi in giro e ci indigna pagare un servizio per un decoro che non c’è, in uno spazio di comunità che è sacro».