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“Bevi Napoli e poi muori”: gip archivia la querela di De Magistris a l’Espresso

La querela del sindaco di Napoli contro l’Espresso per la copertina Bevi Napoli e poi muori è stata archiviata. Lo ha stabilito il gip del Tribunale di Velletri: “L’articolo diceva il vero”.
A cura di Angela Marino
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In molti ricordano la copertina del settimanale L'Espresso dedicata all'acqua di Napoli. Fece molto discutere il titolo "Bevi Napoli e poi muori" ideato per presentare il lavoro di inchiesta sulla salubrità dell'acqua partenopea. Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris sporse querela contro il giornale per la copertina giudicata lesiva dell'immagine della città. È oggi il gip del Tribunale di Velletri a decidere sulla presunta diffamazione della città all'ombra del Vesuvio stabilendo che non vi fu alcuna lesione di immagine per Napoli, perché la ricerca condotta dall'Us Navy sui pericoli legati all'inquinamento nella provincia di Caserta e di Napoli e presentata nell'articolo pubblicato nell'edizione del 21 novembre 2013 a firma di Gianluca Di Feo e Claudio Pappaianni, è considerata valida e attendibile. La querela avanzata dal primo cittadino De Magistris è stata dunque archiviata dal magistrato Zsuzsa Mendola, poiché “per quanto concerne il principio di verità, deve osservarsi che il nucleo essenziale dei fatti narrati corrisponde al vero”. Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris aveva contestato pubblicamente i risultati pubblicati nell'articolo, allegando alla querela i risultati dei test condotti dall'Arpac secondo i quali “le acque distribuite nella città di Napoli sono conformi ai requisiti di legge”.

I veleni nell'acqua di Napoli

La ricerca sulla quale l'Espresso ha basato il proprio articolo  – acquisito in una inchiesta della Dda di Napoli – è stato commissionata e svolta dalla Us Navy per accertare quanto fosse pericoloso vivere in Campania per i militari americani. Due anni di esami, dal 2009 al 2011, oltre 30 milioni di dollari spesi, per sondare una superficie di oltre mille chilometri quadrati. I risultati sono agghiaccianti: non sono le province tra Napoli e Caserta, la cosiddetta Terra dei Fuochi, non sono sicure ma ci sono tre “zone rosse” tra a Casal di Principe, Villa Literno, Marcianise, Casoria e Arzano dove i rubinetti attingono da pozzi contaminati da agenti cancerogeni. Lì i rischi per la salute sono definiti "inaccettabili". Mentre nelle basi di Capodichino e di Gricignano d’Aversa sono classificati come “accettabili”per il breve tempo di permanenza dei militari. Il rapporto è stato acquisito direttamente negli atti dell'indagine i della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli sugli appalti per la manutenzione degli impianti idrici ad aziende della camorra.

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