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Blogger aggredito con una pistola in strada : “Amo Napoli, ma ora voglio fuggire”

Amara lettera di Francesco Bassini, blogger napoletano che racconta la brutta esperienza di cui è rimasto vittima, ovvero un’aggressione con pistola da parte di un malintenzionato avvenuta a pochi metri da casa sua.
A cura di Andrea Parrella
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Il post Facebook del blogger Francesco Bassini è destinato senza dubbio a diventare un elemento di discussione locale nei prossimi giorni, perché certamente suscita un sentimento di tristezza derivante da una constatazione che molto spesso i giovani napoletani (e non solo i giovani) si trovano a fare. Sul profilo Facebook del blogger è infatti apparso circa un'ora fa uno stato nel quale racconta quanto accadutogli nella giornata di oggi, un imprevisto avvenuto a pochi passi da casa sua, al punto da descrivere il marciapiede di quella strada come fosse casa sua, prima di incappare in un malintenzionato che, dopo averlo minacciato e gettato a terra intimandogli con una pistola di dargli tutto quanto avesse addosso, ha usato il calcio della stessa per colpirlo in volto una volta compreso non avesse nulla di valore con sé. Il finale è certamente la parte più avvilente, perché forse in virtù dello spavento, ma soprattutto per l'amarezza, Bassini chiude la confessione con una frase piuttosto amara in merito alla sua città:

Io vivo a Napoli, la mia città, E’ il posto che più amo e che amerò per sempre.
Abito in pieno centro, a due passi dal Museo archeologico più importante del mondo.
Sono le otto di sera e sono chiuso in casa da ieri pomeriggio a far cose che diano un concreto significato alla mia quasi inutile esistenza.

Non ho la necessità di uscire. La mia vicina ha rimediato alle mie basiche esigenze: pane e sigarette. Ma all’improvviso, mi sovviene la voglia di scendere solo per fare quattro passi.
M’infilo un jeans, le Nike e non tolgo nemmeno la t-shirt con su stampatoTopolino (pagina storica del mio diario tessile: Orlando, 1994) che ho messo sù ieri pomeriggio quando sono rientrato a casa.

Esco dal portone e costeggio quel marciapiede che sento casa mia: la pizzeria di Salvatore, il Bar di Lello, la farmacia dei fratelli Di Donna.

Quasi all’angolo con Via Stella, un tizio mi si para davanti (nemmeno mi accorgo da dove sia spuntato fuori)… Mi mette una mano in petto e guardandosi intorno quasi mi sussurra: “portafoglio e cellulare, fà ambress’…”

Lo guardo, il mio olfatto percepisce il suo odore sgradevole e dalle sue pupille comprendo che è strafatto di chissà quale droga.

“Guagliò, a stò giro ti è andata male. Addosso, ho solo le chiavi di casa…” gli rispondo io, accennando un mezzo sorriso di compassione.

Ma forse è quel mio mezzo sorriso che lo spinge a sbattermi con un pugno in petto sul marciapiede, a sfilare la sua mano dietro la schiena ed a tirar fuori una pistola che m’infila fra la bocca e il naso.

“portafoglio e cellulare, ‘o t’acirre mò mò…”

Ora punta i suoi occhi dentro i miei, incurante di chi ci passa vicino e del fatto che al polso ho un orologio che per lui è solo plastica, ma che gli garantirebbe denaro per sballarsi almeno fino a domani. Anch’io lo guardo negli occhi, e l’adrenalina mi schizza fino a farmi diventare il più impavido dei cuor di leoni: “Azz, tien’ pure ‘a pistola? E sparami allora. Famm’ verè quant’ si ‘omm…”

Continuo a non distogliere il mio sguardo dai suoi occhi. Ho paura, ho una fottutissima paura ma non posso distogliere i miei occhi dai suoi. Se lo faccio, magari questo davvero mi pianta una pallottola fra la bocca e il naso, cazzo!

Con la coda dell’occhio, vedo la gente che ci passa vicino: indifferente, quasi che il momento di terrore che sto vivendo sia solo una semplice pittoresca oleografia della mia città.

“Emmò fà l’omm’: spara, che aspetti?”

Scelgo di sfidarlo, mi vesto dei panni di quello che non ha paura. Magari riesco a disorientarlo costringendolo a lasciarmi andare.

Lui mi guarda, con i suoi occhi senza luce. Ora ho davvero paura. Basta un click nel suo cervello per fargli premere il grilletto della pistola (è vera, la riconosco dal freddo della canna che mi preme fra la bocca e il naso).

Poi, all’improvviso, la canna della pistola si sposta e con il manico della stessa il tipo mi colpisce sulla guancia tirandosi su da me scivolando via da me come se nulla fosse accaduto.

Rimango solo, frastornato e dolorante, rotolandomi su quel marciapiede che credevo fosse casa mia. Il dolore fisico ora sopravanza la paura. Ho male alla guancia ma tocca rialzarmi e trascinarmi fino a casa (sono appena centro metri, cazzo).

Mi guardo intorno ed osservo i passanti che mi guardano senza avvicinarmi, anche solo per aiutarmi a tenermi in piedi, manco fossi un appestato, quello che tutto sommato se avesse cacciato “portafoglio e cellulare” non avrebbe avuto problemi.

Io vivo a Napoli, la mia città, E’ il posto che più amo e che amerò per sempre. Ma stasera, più che mai, sento l’esigenza di fuggire lontano da qui.

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