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Bloody Money: bastava 1 milione di euro per evitare l’emergenza fanghi, impianto mai usato

Un mese dopo l’uscita dell’inchiesta di Fanpage.it sui fenomeni di corruzione legati all’emergenza per lo smaltimento dei fanghi dei depuratori della Campania, la giunta De Luca avvia la ristrutturazione dell’impianto di trattamento di Foce Sarno. Bastava appena 1 milione di euro per impedire gli altissimi costi dello smaltimento dei fanghi e porre fine all’emergenza.
A cura di Antonio Musella
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L'inchiesta Bloody Money di Fanpage.it ha fatto emergere i presunti illeciti nella gestione dello smaltimento dei fanghi dei depuratori campani gestiti dalla Sma Campania. La gestione emergenziale dello smaltimento dei fanghi che perdura da anni è una delle maggiori criticità dell'azienda della Regione Campania che procedeva in "regime di emergenza" per l'affidamento degli appalti per lo smaltimento. Eppure bastava appena 1 milione di euro per attenuare questa emergenza. La Regione Campania un mese dopo la pubblicazione delle prime puntate dell'inchiesta Bloody Money, ha stanziato i fondi necessari per l'attivazione dell'impianto di essiccazione dei fanghi di Foce Sarno in provincia di Salerno. Un impianto mai entrato in funzione mentre in Campania c'è una vera e propria emergenza fanghi.

Impianto pronto ma mai usato: "non ci sono fanghi da trattare"

La delibera di giunta della Regione Campania numero 143  è del 13 marzo, un mese dopo l'uscita della puntata dell'inchiesta di Fanpage.it che denunciava gli illeciti sullo smaltimento dei fanghi dei depuratori campani a cui è poi seguita l'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Con lo stanziamento di appena 1 milione di euro la Regione Campania avvia la ristrutturazione dell'impianto di essiccamento dei fanghi presso il depuratore del comprensorio Medio Sarno ad Angri. Un impianto, come si legge dalla delibera, che non era mai entrato in funzione e la motivazione lascia interdetti: "attesa la insufficiente produzione di fango da trattare". Mentre perdurava lo stato di emergenza nello smaltimento dei fanghi c'era un impianto di essiccazione pronto all'uso che non entrava in funzione perché non c'erano fanghi da trattare. Un paradosso. La delibera 143 specifica che l'impianto del comprensorio Medio Sarno era stato progettato per trattare solo i fanghi prodotti dall'adiacente depuratore ma restava inutilizzato a causa di problemi tecnici. E così anche i fanghi prodotti dal depuratore sito accanto all'impianto, come per tutti quelli prodotti dai depuratori campani, venivano smaltiti a costi altissimi fuori regione. Il provvedimento della giunta De Luca, che porta la firma del vice presidente Fulvio Bonavitacola, spiega che la ristrutturazione dell'impianto "può essere funzionale alla soluzione della problematica dello smaltimento dei fanghi da depurazione nell'ambito del territorio regionale". In buona sostanza la ristrutturazione dell'impianto di essiccazione fanghi di Angri permetterebbe alla Regione Campania di avviarsi verso la fine dell'emergenza, riducendo in questo modo gli altissimi costi di smaltimento e le possibili infiltrazioni della camorra e dei fenomeni corruttivi.
Ma se bastava 1 milione di euro perché non farlo prima?

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Emergenza fanghi un'affare da 50 milioni di euro l'anno

Secondo le stime di Legambiente in Campania ci sono da smaltire 350.000 tonnellate di fanghi derivanti dai depuratori ogni anno per un costo di smaltimento medi di 145 euro a tonnellate che produce una mole d'affari pari a circa 50 milioni di euro all'anno. Tutti soldi pubblici che alimentano un mercato dalle maglie troppo larghe e che risulta essere un terreno predatorio per le ecomafie. Il report di Legambiente pubblicato lo scorso 20 febbraio spiega che i fanghi campani attualmente viaggiano verso la Puglia e la Sicilia per l'assenza di discariche o impianti di trattamento adeguati in Campania. La produzione dei fanghi, secondo l'associazione ambientalista, non può essere considerata un'emergenza: "Da almeno trent’anni addetti ai lavori e amministratori locali conoscono bene le quantità da smaltire destinate a crescere in maniera proporzionale alla qualità della depurazione" hanno spiegato Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato, direttore nazionale e presidente regionale di Legambiente. "Semplicemente si è sempre fatto finta di nulla, senza voler affrontare la questione in maniera sistematica e strutturale adeguando gli impianti per il trattamento in loco".

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