Bomba carta nella notte davanti alla palazzina sequestrata dalla Direzione Antimafia

Una bomba carta davanti alle palazzine sequestrate, per lanciare un messaggio. Succede a Pollena Trocchia, dove nella notte un ordigno è stato fatto esplodere davanti a un edificio che non ospita nessuna attività commerciale e dove vive, in affitto, un piccolo imprenditore mai toccato da dinamiche di camorra. L'unità immobiliare, in via Gioacchino Rossini, è composta da due appartamenti, uno dei quali disabitato, e da un garage; lo scoppio, che risale alle 00.30 di oggi, 28 marzo, ha danneggiato soltanto la serranda che dà sulla strada. La chiave dell'episodio potrebbe essere nel proprietario dello stabile, attualmente coinvolto in accertamenti della Direzione Distrettuale Antimafia per un giro di riciclaggio e prestanomi di clan della camorra. Le indagini sono affidate alla Polizia di Stato.
La palazzina era tra i beni immobiliari individuati nell'ambito di una vasta indagine sui clan Fabbrocino, Arlistico-Terracciano e i Sarno. Negli anni erano finite sotto sequestro un centinaio di unità immobiliari, sedi aziendali, rapporti finanziari, bancari e società, intestati in molti casi a insospettabili ma tutti riconducibili alla stessa persona, indicata dagli inquirenti come prestanome dei tre clan. Le indagini per il maxi sequestro erano state avviate nel 2012, per illeciti commessi tra il 1994 e il 2008. Il sequestro era scattato nel febbraio 2018, eseguito dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna su disposizione della Dda partenopea. Sotto chiave erano finiti beni per 160 milioni di euro; i sigilli erano successivi a un primo sequestro preventivo, risalente al 2014, anno in cui, dopo la notifica dell'interdittiva antimafia, l'imprenditore cercò di eludere i provvedimenti creando 4 società fittizie a cui intestare i beni.
Soltanto ieri un altro ordigno dello stesso tipo era esploso a San Giorgio a Cremano, tra via don Morosini e via Emanuele Gianturco, davanti a un negozio di biciclette elettriche; anche in quel caso le indagini sono affidate alla Polizia di Stato, si ipotizza un messaggio intimidatorio per imporre il racket ai commercianti.