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Calendario Polizia 2019, Vele di Scampia usate per il mese di gennaio. Il quartiere non ci sta

L’immagine a fumetti raffigura il Reparto prevenzione crimine in azione sotto una delle quattro Vele ancora in piedi. Le critiche non si sono fatte attendere: “Scampia è l’unico quartiere d’Italia riconoscibile nelle dodici illustrazioni opera di famosi artisti. Perché? Siamo stanchi delle etichette e dei cliché negativi. Qui la situazione è migliorata anche grazie ai poliziotti che non fanno solo attività repressiva, ma oggi svolgono soprattutto un ruolo di tutela e sostegno al territorio”.
A cura di Claudia Procentese
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Il mese di gennaio del calendario 2019 della Polizia di Stato (Foto: Facebook/Questura di Napoli)
Il mese di gennaio del calendario 2019 della Polizia di Stato (Foto: Facebook/Questura di Napoli)

Sullo sfondo la Vela illuminata dai lampeggianti delle “pantere”, mentre in primo piano agenti in divisa e armi in pugno perquisiscono due ragazzi in sella ad uno scooter. L’immagine del mese di gennaio 2019 del nuovo calendario della Polizia di Stato, presentato a Roma quattro giorni fa alla presenza del ministro dell’Interno Matteo Salvini, fa discutere a Scampia. Che non l’ha presa tanto bene.

Il primo a sollevare la “vexata quaestio” è Enzo Vanacore, presidente della cooperativa di inserimento lavorativo e sociale “L’uomo e il legno”, attiva nel quartiere a nord di Napoli da oltre vent’anni. «Il calendario – dice Vanacore amareggiato – è composto da dodici disegni inediti di famosi illustratori che rappresentano le attività di polizia, dai blitz ai salvataggi sulla neve, dall’intervento nelle zone terremotate agli incidenti stradali. Tutte grafiche che raffigurano luoghi generici, senza simboli di riconoscimento. Ma per Scampia questo non vale». Forma dinamica, tratto realistico e tono drammatico nell’immagine sbieca sotto le Vele che sembra quasi una sequenza cinematografica. Il mese di gennaio è dedicato al Reparto prevenzione crimine in azione per il controllo del territorio di Napoli nord. «Persiste lo stereotipo criminale consegnatoci da Gomorra e company – prosegue Vanacore -. Eppure Scampia è cambiata e la polizia, che ha contribuito a migliorare la situazione, lo sa. Nessuno si sogna di dire che qui non ci sono più problemi di legalità, ma non c’è differenza con altri quartieri italiani come Librino a Catania, Quarto Oggiaro a Milano o Corviale a Roma. Tuttavia sfogliando gli altri mesi del calendario, l’unico luogo effettivamente riconoscibile è il quartiere di Scampia. Si tratta di una semplificazione errata». Allora come rappresentare oggi Scampia, dopo le sanguinose faide e le piazze di spaccio a cielo aperto che l’hanno caratterizzata agli occhi del mondo? «Stiamo progettando gratuitamente, insieme alla cooperativa “La Roccia”, il nuovo arredo, affinché non sia quello freddo d’ufficio, per la stanza di accoglienza destinata alle donne vittime di violenza e ai minori abusati ubicata all’interno del commissariato di Scampia – risponde Vanacore -. Una collaborazione a 360 gradi con il terzo settore che altrove è utopia. Perché non rappresentare questo invece dei poliziotti in assetto di guerra? Insomma, mi si permetta di dire che è stata una mancanza di fantasia da parte dei disegnatori. Non abbiamo voglia di polemiche, siamo stanchi, a noi interessa lavorare e operare in rete, ciò nonostante la segnalazione andava fatta». Fare in silenzio, non polemizzare, sì. Ma quel mese di gennaio non è andato proprio giù.

Brucia ancora sulla pelle il marchio di quartiere della camorra. «La Vela è ormai simbolo del male – commenta Maria De Marco, consigliera della commissione Cultura e Politiche sociali dell’ottava municipalità -, ma anche identitario, di ribellione, di rabbia, di riscatto. Riproporre il cliché negativo, dopo tutto il lavoro fatto dai suoi abitanti per scrollarselo di dosso, provoca delusione e fastidio. Perché i disegnatori non ci hanno pensato? Forse perché la sofferenza del quotidiano che c’è lì dentro è la cosa più difficile da riconoscere per chi invece è all’esterno, una sorta di rimozione del dolore. Le Vele non sono un panorama, ma un luogo di vissuto disperato. Ti metto la Vela nell’immagine e ho detto tutto, citando Totò: è il solito pregiudizio, è una sintesi superficiale, un’operazione semplicistica e soprattutto potente dal punto di vista discriminatorio per tutte le persone che in questi palazzoni hanno cresciuto i figli facendoli studiare con dedizione e sacrificio, che ancora lottano per avere una casa dignitosa».

Ogni mese dedicato ad una diversa uniforme, con i nuovi segni distintivi di qualifica, dalla Scientifica alla Polfer, dalla Squadra mobile ai cinofili e ai sommozzatori. Ogni tavola affidata all’abilità pittorica di uno dei dodici fumettisti definiti dal capo della Polizia Franco Gabrielli “visionari in grado di immaginare un quotidiano che ancora non è realtà, ma che a breve lo sarà”. «E allora che c’entra la Vela che è un’immagine obsoleta? – si chiede Patrizia Palumbo, presidente dell’associazione “Dream Team-Donne in rete” -. Non solo repressione, la polizia ha avuto e ha un altro ruolo importante a Scampia, quello di prevenire e tutelare. Il disegno della Vela è controproducente perché sta a ricordarci soltanto il periodo delle faide e dell’illegalità, dimenticando che i poliziotti, guidati dagli ultimi tre dirigenti del commissariato locale, oltre a bonificare il territorio, hanno fatto tanto in termini di solidarietà e di sostegno. Si pensi alla Stanza di Alice, creata e progettata dal commissariato di Scampia in collaborazione con la nostra associazione, affinché i bambini vittime di violenza trovassero un luogo di fantasia dove poter trascorrere qualche ora gioiosa». L’esempio positivo ritorna. «Basta – rimarca Palumbo -, le Vele devono scomparire, in tutti i sensi». Nel senso di andare giù e nel senso di trovare una via di uscita dall’immaginario collettivo che isola Scampia a terra di clan.

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