76 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Camorra, il giallo della pen drive del boss Zagaria

Il Procuratore capo di Napoli, ascoltato dalla Commissione parlamentare Antimafia ricostruisce i lati oscuri della cattura del boss dei casalesi Michele Zagaria, compreso il cosiddetto giallo della pen, della cui sparizione sarebbe responsabile uno dei poliziotti che effettuarono il blitz.
A cura di An. Mar.
76 CONDIVISIONI
Immagine

È stato ascoltato dalla commissione bicamerale antimafia il procuratore capo di Napoli Giovanni Colangelo nel contesto dell'operazione Medea che ha smantellato il sistema corruttivo costruito dal clan dei Casalesi intorno agli appalti per forniture idriche. Al centro della seduta anche il "giallo" della sparizione della pen drive dal covo in cui fu arrestato il 7 dicembre 2011 Michele Zagaria, boss del clan dei casalesi e della quale è accusato un poliziotto. Il dispositivo conteneva dati importanti utili a ricostruire l'assetto finanziario del clan. L'audizione del procuratore è stata parzialmente secretata. Dalla parte pubblica della seduta è possibile leggere una parte della ricostruzione dei fatti che Colangelo fa rispetto al materiale rinvenuto nel covo di Zagaria in via Mascagni a Casapesenna. Il procuratore definisce la vicenda "inquietante". Orlando Fontana, imprenditore ritenuto vicino ai casalesi, avrebbe pagato una somma di 50 mila euro ad un non meglio identificato appartenente alle forze dell'ordine della Questura di Napoli per entrare in possesso della famosa chiavetta a forma di cuore, trafugata dal nascondiglio del boss. È quanto emerge dalla testimonianza del procuratore e dalle intercettazioni ambientali a carico di Augusto e Raffaele Pezzella, imprenditori legati al clan.

"Una volta entrato in possesso della chiavetta – spiega Colangelo nell'audizione in commissione – Fontana la avrebbe consegnata ad un non meglio specificato casapesennese". Dalle intercettazioni dei Pezzella si evince anche che il boss, al momento dell'arresto, avrebbe avuto la concessione di potersi fare una doccia ricevendo abiti puliti da alcune persone presenti nel covo al momento dell'arresto. Nelle tasche di Michele Zagaria, una volta trasferito in cella, sarebbero state trovate anche banconote non sequestrate in precedenza. Fatti e circostanze che infittiscono il mistero su cosa sia avvenuto davvero all'interno del covo di via Mascagni. Colangelo non fa i nomi dei poliziotti che entrarono per primi nel covo di Zagaria. Ma quei nomi sono presenti nelle informative del Ros dei Carabinieri che sta indagando sulla pen drive scomparsa. Gli investigatori hanno accertato che il dispositivo elettronico risulta essere stato collegato al computer di Zagaria alle 6.18 della mattina dell'arresto. La perizia fatta dai tecnici sul pc del boss definisce non solo l'ora, ma anche la marca della chiavetta ed addirittura la forma a cuore. "La pen drive c'è ed è sparita – ha detto Colangelo in commissione – non abbiamo perso la speranza di capire cosa è successo e chi è stato a farla sparire".

76 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views