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Camorra, racket alle pizzerie di Napoli: “Quello ha aperto anche a Capri, paga di più”

Emergono nuovi particolari dopo l’arresto di 22 persone, ritenute legate al clan Sibillo, che controllavano lo spaccio di droga e imponevano il pizzo alle pizzerie del centro storico di Napoli. Da alcune intercettazioni è emerso che il proprietario della pizzeria “Il Presidente” dovesse pagare di più perché aveva aperto un locale anche a Capri.
A cura di Valerio Papadia
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Un altro locale a Capri, percepito come la possibilità di poter chiedere al proprietario della pizzeria "Il Presidente" di Napoli più soldi per il pizzo. Questi i nuovi particolari che emergono dalle indagini che hanno portato all'arresto di 22 persone, ritenute affiliate al clan Sibillo, dedito al controllo, oltre che del traffico di armi e droga, anche del racket alle pizzerie e agli esercizi commerciali del centro storico di Napoli. I particolari emergono dalle intercettazioni, risalenti all'aprile del 2017, di Giovanni Matteo e Giovanni Ingenito, cugini del boss Pasquale Sibillo che, nonostante la carcerazione, continuava a guidare il clan da dietro le sbarre. "Almeno altri 1000 euro li deve dare, visto che si è aperto la pizzeria a Capri e sta facendo soldi a tonnellate£ dicono i due, riferendosi al proprietario della pizzeria "Il Presidente", nel cuore del centro storico di Napoli, appunto. Da altre intercettazioni emerge anche l'esistenza di alcune liste sulle quali sono annotati nomi delle vittime di usura, con le relative somme da versare per il pizzo.

I carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Centro, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, hanno eseguito 22 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettante persone, ritenute come detto affiliate al clan Sibillo, accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, porto abusivo di armi e di avere imposto il racket agli esercizi commerciali del centro storico del capoluogo campano. Le indagini hanno rivelato come Pasquale Sibillo, fratello di Emanuele, boss della cosiddetta "paranza dei bambini", ucciso in un agguato a 19 anni il 2 luglio del 2015, controllasse ancora gli affari illeciti del clan, nonostante sia già in carcere.

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