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Carabinieri arrestati per corruzione: erano agli ordini del clan

Carabinieri arrestati per corruzione a Napoli: le indagini hanno rivelato che i militari dell’Arma arrestati oggi erano asserviti al clan Puca, operante a Sant’Antimo, nella provincia partenopea. Secondo gli inquirenti, i carabinieri avrebbero assicurato una sorta di immunità sul territorio ai membri del clan camorristico; in manette è finito anche l’ex presidente del consiglio comunale di Sant’Antimo. I carabinieri corrotti hanno anche sabotato e intimidito un maresciallo che si opponeva all’azione del clan sul territorio.
A cura di Valerio Papadia
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immagine di repertorio
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Carabinieri arrestati per corruzione a Napoli: emergono nuovi dettagli sull'inchiesta che ha portato all'arresto di 5 militari dell'Arma, sottoposti agli arresti domiciliari, mentre altri tre sono stati sospesi dal servizio per un anno. Le indagini della Procura – condotte sul campo dai militari del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna – hanno rivelato che i carabinieri erano completamente asserviti al clan Puca, attivo a Sant'Antimo, nella provincia partenopea: i militari dell'Arma avrebbero garantito una vera e propria forma di immunità sul territorio ai membri del clan camorristico. La Procura aveva richiesto anche la misura cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa e altre ipotesi di reato, ma il giudice non ha accolto la richiesta; la Procura ha fatto sapere che ricorrerà in Appello.

Arrestato anche ex presidente del consiglio comunale

In particolare, i carabinieri erano asserviti a Pasquale Puca – attualmente detenuto al 41 bis -; arrestato, e finito agli arresti domiciliari, anche Francesco di Lorenzo, ex presidente del consiglio comunale di Sant'Antimo che, analogamente ai militari, sarebbe stato agli ordini del clan camorristico. Le indagini sono state portate avanti anche grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia.

I carabinieri hanno sabotato un collega che combatteva il clan

Le indagini hanno altresì rivelato che gli otto carabinieri corrotti avevano svolto anche una vera e proprio attività di dossieraggio e sabotaggio nei confronti di un collega, il maresciallo Giuseppe Membrino, che si opponeva all'azione del clan Puca a Sant'Antimo. Il maresciallo venne pedinato e fotografato in compagnia di una donna, sua informatrice: il materiale venne fatto recapitare alla moglie del maresciallo. Ciononostante, l'attività anticamorra del militare andò avanti: per fermarlo, dunque, i carabinieri corrotti fecero esplodere una potente bomba carta sotto la sua automobile. In seguito all'episodio, il maresciallo venne trasferito.

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