297 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Carcere di Santa Maria Capua Vetere, detenuti senz’acqua e internamento fuorilegge

Anche l’acqua è un privilegio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, l’istituto attende da anni l’allaccio alla rete idrica. Non solo: nella sezione psichiatrica ci sono due internati da oltre un anno, una durata che va oltre i limiti di legge. Le due allarmanti situazioni sono emerse durante una visita ispettiva effettuata dalla consigliera regionale Lucia Esposito con Antigone Campania.
A cura di Gaia Bozza
297 CONDIVISIONI
Immagine

Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, i detenuti hanno accesso a un'acqua di serie b. Il risultato? Anche fare la doccia è un problema, nel senso che per lavarsi devono fare a turno. Non solo questo: nel carcere esiste una sezione psichiatrica, l'unica attiva – per ora – in Campania, nella quale ci sono 20 detenuti; due di essi sono internati da circa un anno. "E' una durata di internamento al di fuori della legge" spiega Mario Barone, presidente di Antigone Campania, che ha effettuato una visita ispettiva con la consigliera Regionale Lucia Esposito.  L'istituto, infatti, "presenta due forti criticità – continua il presidente dell'associazione in Campania – Uno è l'approvvigionamento idrico e l'altro è la presenza di una articolazione sanitaria per la tutela della salute mentale in carcere, almeno così la chiama l'amministrazione: noi, invece, preferiamo chiamarla sezione psichiatrica".

Di fatto, l'internamento in sezioni psichiatriche nelle carceri rischia di diventare, con un clamoroso balzo indietro,  una misura ordinaria per gestire la progressiva dismissione degli ospedali psichiatrici giudiziari, anche perché in Campania le due Rems (le residenze che dovrebbero prendere il posto degli opg dal 31 Marzo prossimo) non sono pronte. Nell'istituto di Santa Maria Capua Vetere, però, esiste anche l'altro problema dell'approvvigionamento idrico, che è strutturale: la fornitura avviene attraverso un pozzo semi-artesiano; l'acqua viene poi resa potabile all'interno delle mura del carcere, che non ha l'allaccio alla rete idrica. Una questione che ha evidenti ricadute sulla salute dei ristretti e sulla loro dignità, visto che anche lavarsi diventa un privilegio. Quando va bene, bisogna fare a turno. Quando va male, molto semplicemente non ci si lava. Senza contare l'effetto-panico generato dall'inquinamento di diversi pozzi nel casertano, anche se dall'istituto rassicurano con controlli trimestrali dell'Arpac e della ditta specializzata. Esiste un protocollo d'intesa siglato nel lontano 2004 tra l'amministrazione penitenziaria e la Regione Campania, rimasto, però, lettera morta: il Comune non ha soldi per finanziare i lavori.

"E' un elemento che suscita inquietudine – commenta la consigliera Lucia Esposito –  L'impianto che rende potabile l'acqua a volte  è soggetto a guasti, spesso si deve ricorrere all'acquisto di bottiglie d'acqua per i detenuti". Il sapore è orribile, racconta chi vive nell'istituto, che è piuttosto allarmato. E chi può permetterselo, compra l'acqua minerale anche solo per cucinare qualcosa. "Presenterò una interrogazione al presidente della Giunta regionale  – continua  – Per chiedere di dare esecutività al protocollo d'intesa che fu siglato con l'amministrazione penitenziaria per finanziare i lavori, opere che toccherebbero al Comune che da anni non riesce a farle, nonostante l'impegno anche del Ministero della Giustizia, perché l'esborso, oltre un milione di euro, non è sostenibile dalle casse comunali. Bene l'impegno della Regione, sollecitata anche dalla garante regionale dei detenuti Adriana Tocco, ma ora di tratta di passare dalle parole ai fatti, questa è una missione di umanità e diritto non più rinviabile".

297 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views