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La lettera: “Caro Pd, ben venga questa ‘paliata’ se serve a risvegliarci”

La lettera di Salvatore Salzano, militante del Partito Democratico a Napoli e tra i fondatori dell’esperienza della Lega democratica napoletana.
A cura di Redazione Napoli
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di Salvatore Salzano

Carissima redazione di Fanpage.it,

in queste ore concitate per il partito democratico nazionale e locale, si fa a gara a chi espone l'analisi più convincente. Non tutti sono salti nel vuoto. La stragrande maggioranza si. Per il semplice fatto che sono sempre gli stessi. Durante il commissariamento del partito a Napoli, conseguenza del fallimento delle primarie 2011, e nel corso dell'allucinanti primarie dell'anno successivo per la scelta dei parlamentari, fu fatta la scommessa , voluta dall’ex commissario Orlando, di puntare su un partito unitario, in grado di rispondere come organizzazione alla sua perdita di centralità politica nella città. Tentativo fallito, e la brava persona Gino Cimmino, spodestata.
In quel periodo, assieme e insieme a Gennaro Prisco , dirigente storico ed eretico della sinistra napoletana, demmo vita all'esperienza politica della Lega democratica napoletana. Mettemmo al centro della nostra proposta, indirizzata ai vertici democratici nazionali, la militanza politica, e oltre a proporre un'organizzazione che capovolgesse la piramide, portando il basso verso l'alto e l'alto verso il basso, producemmo politica attraverso tematiche sociali molto forti ( La Costituzione, il lavoro, i diritti ) e distribuimmo un questionario dal titolo: Pd, che fare? Ricevendo duemila compilazioni, un numero straordinario di risposte che consentirono di tirare fuori un'analisi molto precisa di cosa i nostri iscritti e i nostri elettori ci chiedevano di fare.
Fummo ingenui, non capimmo la portata gelida del degrado e non riuscimmo a resistere allo svuotamento correntizio che fu messo in atto per cancellare il prima possibile quella nostra esperienza dal campo democratico che attraeva molto fuori dai recinti dei micronotabili, che intanto aumentavano di numero, poiché i portavoti, gente di caseggiati e di strade, della periferia e del centro, si autoproclamava leader. La chiamammo organizzazione di piccoli clan. A proposito di egemonia culturale criminale.
La lega durò due anni e poco più, le ultime posizione che prendemmo furono di votare scheda bianca per le primarie regionali e non votare affatto per quelle provinciali. La lega democratica chiuse e quel patrimonio d'impegno e di partecipazione politica democratica finì nella pattumiera.
In ogni caso, né io né la maggioranza dei militanti democratici appartengono alla categoria che accusa i "figli di" di fare politica, se hanno capacità , oltre il cognome.
Io, come tanti trentenni , ho contribuito a fondare il partito democratico in Campania e a Napoli. E ancora oggi sono orgoglioso di aver partecipato a quella esperienza, di aver fatto e mantenuto quella scelta.
Per questo, sono tra quelli che hanno fatto la campagna elettorale nonostante le difficoltà, ed è stato emozionante poter votare per Paolo Siani.
Ma tutta questa mia personale emozione non basta. Ci dice chiaramente che non serve inserire uno o due candidati di facciata per poter vincere e cambiare verso gli avvenimenti politici che s'annunciavano, così come poi è accaduto, di portata storica.
Confesso, che gli ultimi mesi ho più volte inviato lettere al segretario nazionale del partito e alla sua segreteria. Mai una risposta. Se un iscritto al partito ti manda delle email, ti dice che in Campania e a Napoli ci sono dei problemi seri, e tu non rispondi a nessuna di esse, allora davvero ben venga questa paliata per risvegliarci.
Credo che la sconfitta al PD non sia colpa soltanto della classe dirigente nazionale, anche quella locale ha delle colpe. E che colpe! Hanno edificato sulla terra di mezzo, in quello spazio opaco degli accordi territoriali e dei compromessi di individuo e gruppi che della Politica se ne fottono.
Come tanti iscritti e militanti, sono figlio di un operaio ex iscritto al Pci. Posso dire che anche nelle nostre famiglie è stato complicato fare campagna elettorale, perché alla fine la riflessione che ne usciva era sempre la stessa “sei candidato? Non lo sei, non voto PD.”
Credo che questo ragionamento l’abbiano fatto tantissimi elettori che in questi anni hanno gravitato nell’orbita del Pd. Rendendo plastica la distanza tra sé, e ad esempio, il mezzogiorno. Qui il Movimento cinque stelle ha occupato quasi tutti gli spazi candidando gli amministratori di condominio, i precari della scuola, gli operai, i disoccupati. A Napoli, in Campania, nel sud se dici che sei del PD quasi ti sputano in faccia e ti danno del ladro. Tutto questo senza sapere le storie che ci sono e i sacrifici ,della nostra generazione e di quelle che ci hanno preceduto per fare forte un idea di politica antifascista riformista e progressista.
Tanti di noi hanno iniziato a fare politica a 16 anni , a fare la colletta per stampare i volantini da distribuire nelle scuole. Le sedi partito sono diventate una seconda famiglia ( in alcuni casi anche la prima) nelle quali si facevano esperienze, nascevano affetti, amori e amicizie.
Spesso si sono messe da parte proprio le famiglie naturali a favore delle riunioni, delle manifestazioni, delle campagne elettorali. Perché la Politica sa essere totalizzante e non fa mancare i momenti bui , di solitudine e di depressione.
A me tutto questo è capitato, e lo dico senza remore, rifarei tutto, perché dalle passioni non ci si dimette mai. Ci si allontana, si mette mano a se stessi , si riconquista il quotidiano, a studiare e a non lasciarsi andare.
Quanti dirigenti o istituzionali hanno lavorato in un call center a 2 euro l’ora? Quanti hanno portato le pizze, hanno servito ai tavoli, hanno animato villaggi per pagarsi gli studi, una stanza o un viaggio? Se l'avessero fatto, avrebbero capito. Ecco perché anche il messaggio del reddito di cittadinanza è diventato una possibilità, un voto programmatico.
È un'idea assistenzialista e sbagliata? Va bene, ma non tanto tempo fa, proprio nella nostra regione , questa idea venne sviluppata da noi ( con pregi e difetti) e ci furono molti benefici per le famiglie.
Allora cosa fare? Come rimettere in piedi il Pd? Cominciando a costruire i muri maestri. Emarginando chi ha nel suo dna l’arrivismo, l’egoismo, l’odio e il rancore. Puntando sul merito e sulla reciprocità. Lasciando fare a chi cerca possibili soluzioni, a chi sa lavorare in team, a chi è meticoloso nello studio dei singoli fenomeni.
Insomma, fare politica con l'orecchio a terra, il battito del cuore e il cervello in funzione e decidere con scienza e coscienza quali sono le priorità di una forza politica che ha nel suo none la dicitura democratico. Ora o mai più, questo il mio pensiero. Gli spazi si riempiono sempre. Lo abbiamo visto tante volte. Silvio Berlusconi lo ha occupato per venti anni. Luigi Di Maio, forse, il tempo di un elezione. Questo dipende proprio da noi. Ed uso il noi, perchè sono un iscritto di questo partito. Ora o mai più si sente il bisogno di aprire una fase straordinaria affidandosi ad una nuova classe dirigente democratica, inclusiva e aperta, che guardi alla giustizia sociale in tutte le sue forme.
Sarebbe bello recuperare lo spirito fondativo del Partito e provare a rilanciare un congresso sulla base di temi ed idee.
Confrontarsi per quanti voti puoi portare è un male. Confrontarsi, fra aree politiche, no. Ciò che conta, è questo, è materia da manuale politico, sono la forza delle idee da far entrare nel sistema sanguigno democratico di questo paese.
Noi stiamo nel 2018, nell'epoca digitale e robotica. Ed è in questa epoca che dobbiamo declinare l’antifascismo, l’europeismo, la lotta alla corruzione e a tutte le forme di precariato. E infine, lanciare agli uomini e alle donne di buona volontà l'appello all'impegno politico per un modello di società che riconosca a tutti i diritti fondamentali di cittadinanza.
Insomma, unire le forze per battaglie comuni , superare le difficoltà che il tempo ha portato, mettendo da parte storiche divisioni e al contempo guardare a nuovi orizzonti per la nostra terra, la nostra nazione, per l'Europa e per l'occidente.

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