Casalesi, Iovine: “Così festeggiavamo dopo gli omicidi”

"Ci incontravamo dopo ogni omicidio per festeggiare. E per decidere chi altro dovevamo ammazzare". È solo uno stralcio delle dichiarazioni rese oggi dal pentito di camorra Antonio Iovine, ex boss del clan dei Casalesi, nel corso della seduta del processo per l'omicidio di Sebastiano Caterino avvenuto il 31 ottobre del 2003 a Santa Maria Capua Vetere. Iovine, collaboratore di giustizia dal 13 maggio 2014, ha risposto alle domande del pm della Dda Sandro D'Alessio circa i fatti che portarono all'uccisione di Sebastiano Caterino, morto un anno fa sotto il fuoco incrociato di trentasette colpi di pistola e fucile kalashnikov. "Dopo qualche giorno dall'omicidio – racconta Antonio Iovine detto "O ‘Ninno" – ci incontrammo a casa di Sigismondo Di Puorto io, Michele Zagaria e Francesco Schiavone detto Cicciariello per festeggiare l'obiettivo raggiunto, come eravamo soliti fare, e per decidere chi altro eventualmente ammazzare".
L'omicidio di Sebastiano Caterino
L'omicidio di Caterino, schierato con i De Falco contro i casalesi ai quali la triade Caterino-De Falco-Quadrano aveva sottratto il controllo di racket e droga sul territorio di Santa Maria Capua Vetere fu deciso all'unanimità dai capi. "Perchè fu ammazzato dopo così tanto tempo dalla scissione dei De Falco dal clan dei casalesi?", chiede il pm. "Perché dal 1995 Sebastiano Caterino si era trasferito a Santa Maria Capua Vetere, si era un po' defilato – racconta l'ex boss dei casalesi – poi improvvisamente un mio affiliato, Andrea Garofalo, mi disse che lo aveva visto a San Cipriano in un macchinone con aria spavalda e noi decidemmo di chiudere il conto lasciato in sospeso". "Qualche mese prima dell'omicidio – racconta l'ex boss – facemmo due appostamenti andati a vuoto. Ma poi Francesco Schiavone Cicciariello si attribuì la paternità dell'omicidio incaricando Vincenzo Schiavone, detto Petillo, e il suo gruppo armato, di uccidere Caterino".
L'ex boss Iovine: "Il clan dei Casalesi è finito"
Dopo il racconto dei fatti Iovine sottolinea le motivazioni che l'hanno spinto a collaborare con la giustizia. "L'ho fatto innanzitutto per la mia famiglia, ma anche perché è tutto finito. Il clan dei casalesi – afferma – non esiste più. Invito tutti a seguire il mio esempio".