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Caserta, piazza di spaccio in Caserma, in manette 4 bersaglieri

Quattro militari dell’VIII Brigata Bersaglieri di Caserta sono stati arrestati con l’accusa di aver spacciato cocaina in caserma e all’esterno e di aver alterato i test antidroga dei commilitoni.
A cura di Angela Marino
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Sono accusati di aver venduto la cocaina in caserma e di aver alterato i drug test dei commilitoni. Quattro militari dell'Esercito Italiano effettivi all'VIII Brigata Bersaglieri di Caserta sono stati arrestati su su richiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere dai Carabinieri per l'ipotesi di reato di falsità materiale commessa da pubblico ufficiale, corruzione, detenzione, offerta e messa in vendita nonché cessione a titolo oneroso di sostanze stupefacenti. Uno dei militari raggiunti dall'ordine di custodia cautelare in carcere è già detenuto: per gli altri tre sono scattati gli arresti domiciliari.

Cocaina venduta ai commilitoni

Secondo quanto accertato dalle indagini, i quattro avrebbero organizzato all'interno della ​c​aserma dell'Esercito​ di Caserta​, sede dell'V​III​ Reggimento Bersaglieri Brigata Garibaldi​,​ una sorta di piazza di spaccio. Mettendo smerciando ai commilitoni ingenti quantitativi di ​cocaina. Lo smercio era affidato al cap​oral maggiore​ L.S., già detenuto in carcere. Questi avrebbe agito, secondo quanto ipotizzato, con la ​"​determinante collaborazione​"​ della compagna ​R.R., militare in ferma provvisoria per quattro anni, residenti a Maddaloni. La coppia avrebbe gestito la compravendita di droga acquistando le sostanze a Caivano (Napoli) e Maddaloni (Caserta). Secondo la Procura i due avrebbero anche provveduto all'alterazione dei ‘drug test' previsti regolarmente per i militari. Gli altri due militari indagati, L. B. e L. G.si sarebbero resi disponibili a manomettere i test nel laboratorio dell'ospedale militare di Caserta. in cambio di droga o danaro.

Test antidroga alterati

Secondo quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri guidati da Pasquale Puca, le analisi venivano manomesse attraverso sostituendo con una provetta di urina pulita quella da testare, con la complicità del personale sanitario. Le indagini hanno acquisito anche la messaggistica whatsapp. L'operazione era possibile in  quanto S. e la compagna, venivano avvisati dai due assistenti medici del test, che avrebbe dovuto essere a sorpresa. P. C. anche lui indagato aiutava invece S. a spacciare la droga, sia in caserma che all'esterno.

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