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Caso catacombe di Napoli, parla Don Antonio Loffredo:”La chiesa sia più vicina alla gente”

Don Antonio Loffredo per la prima volta parla della diatriba in corso tra le Catacombe di Napoli di cui è direttore e il Vaticano. Motivo del contendere la presunta richiesta del 50 per cento degli incassi delle catacombe partenopee da parte della Santa Sede: soldi che però metterebbero a rischio il lavoro della cooperativa di ragazzi “la Paranza”, che hanno riqualificato un luogo abbandonato in un quartiere martoriato.
A cura di Gaia Martignetti
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Rompe il silenzio Don Antonio Loffredo e per la prima volta parla a 360 gradi della diatriba in corso tra le Catacombe di Napoli di cui è direttore e il Vaticano. Pietra dello scandalo sarebbe la richiesta del 50 per cento degli incassi delle catacombe partenopee da parte della Santa Sede. Il caso scoppiato da qualche settimana ha suscitato non poche polemiche, che hanno portato Don Antonio Loffredo, parroco del Rione Sanità a rilasciare dichiarazioni durissime. La convenzione, in scadenza a luglio 2019, stabilisce che il Vaticano potrebbe esigere il 50 per cento degli introiti, come avviene in altre catacombe italiane. Quella di San Gennaro, però, come spiega Don Antonio Loffredo è diversa: qui diversi giovani, alcuni con storie molto difficili alle spalle, hanno riqualificato un luogo abbandonato in un quartiere martoriato. La luce è rientrata grazie ai ragazzi della cooperativa “La Paranza”. In una lettera mostrata da Don Antonio, datata 2006, si evidenzia come il Cardinale Ravasi non volesse riscuotere il 50 per cento di quegli incassi proprio in virtù della difficile storia del quartiere.

Nelle ultime settimane diversi quotidiani hanno riportato anche un’indiscrezione che vorrebbe Don Antonio rimosso dall’incarico di Direttore delle catacombe: "Falso", commenta il sacerdote del Rione Sanità, che spiega che nessuna di queste informazioni è suffragata da fonti. "Il problema è – spiega il parroco – se si vuole mantenere un sistema o incominciare a vedere come una chiesa più vicina alla gente possa essere riformata. L'idea che mi sono fatto è che siamo all'interno di uno scontro molto grosso tra chi accetta e vuole, anche con molta fatica, mettere in moto la riforma della Curia romana e chi invece la ostacola con degli strumenti anche abbastanza ambigui”. Don Antonio pone diverse domande a se stesso e a chi in questi giorni si sta occupando di un caso sempre più intricato: "Forse qualcuno non vuole che si decentri un’operazione, forse qualcuno è preoccupato perché se facciamo le cose in Diocesi cosa ci stanno a fare le scrivanie a Roma, perché servono questi posti?”.

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