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‘Cercavo la fine del mare’, in un libro la vera storia dell’accoglienza made in Europe

Nei campi dove donne e uomini piangono lacrime eterne e i bambini tentano il suicidio, c’è chi si adopera per dare loro farmaci, cibo, vestiti. La realtà dei centri di accoglienza per i migranti è il tema del libro ‘Cercavo la fine del mare’, di Martina Castigliani, al centro della presentazione di domenica 7 aprile a Castel Sant’Elmo, per Città del libro.
A cura di Redazione Napoli
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"Gli uomini con la barba sono venuti a cercarci a casa per ucciderci, io mi sono nascosta sotto il letto", Mleka, 11 anni, si è salvata dalla persecuzione dei musulmani che in Iraq stanno sterminando la sua gente, saltando su un barcone. Yassin, 40 anni, siriano, invece, è scappato da suo Paese lasciando il ristorante a cui aveva sacrificato la vita. Entrambi hanno lasciato luoghi che amavano per salvarsi la vita, ignari che dall’altra parte del mare una vita non l’avrebbero più avuta. Sono le (dis)avventure narrate nel libro di Martina Castigliani, ‘Cercavo la fine del mare', edito da Mimesis e al centro della presentazione di domenica 7aprile a Castel Sant'Elmo (Sala Levante, ore 15), per ‘Citta del libro'. Relatori dell’incontro, insieme all’autrice, Carlo Noviello, presidente della coop ‘Il villaggio di Esteban', e Wazib Abdullah, attivo nei Caschi blu del mare. Modererà l'incontro Angela Marino, giornalista di Fanpage.it.

Volontaria in Grecia, ma è solo impegno civile

Martina, classe 1987, giovanissima penna del ‘Fatto Quotidiano‘ e del mensile FQ Millenium, è partita da Milano nell'estate del 2016 alla volta della Grecia, con l'obiettivo di lavorare come volontaria nei campi di accoglienza per migranti. Ad animarla, la sola la voglia di rendersi utile a chi ha bisogno e di vedere con i propri occhi la realtà dell'accoglienza europea. Martina, insomma, non voleva fare un reportage, ma solo inscatolare farmaci e servire cibo, ma alla fine sono state proprio le storie degli uomini e delle donne di quei campi, paradossalmente, a stanarla dalla sua ritrosia e farne, suo malgrado, una giornalista di frontiera. E una testimone.

‘Devi raccontare la mia storia'

"Devi raccontare cosa mi è successo", la supplicavano, ma la barriera linguistica (molti degli ospiti accolti sono afgani, iraqeni, siriani, ndr) era invalidante, così Martina ha preso un blocnotes e una penna e ha chiesto ai suoi compagni di avventura di disegnare le loro storie. È stato allora che i rimpianti, la rabbia, il dolore, le aspirazioni frustrate e una valanga di umani sentimenti hanno preso corpo e colore sui fogli. La forma, era spesso quella di case andate in distrutte o di uomini armati e minacciasi, i colori, invece, il blu dello sterminato mare e il rosso carminio del sangue.

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Yassin e gli altri

 Così Yassin, 40 anni, ha tratteggiato la facciata del suo ristorante di Falafel ad Aleppo; Mleka e Rava, 11enni yazite, le facce degli uomini con la barba che volevano ucciderli; Kayhan, uno spartito musicale. Simasa 7 anni, siriana, invece, ha disegnato un cuore, il suo, con tanti cerotti, perché le fa ‘tanto male'. Il tutto nella cornice di una Grecia economicamente in ginocchio, ma a cui la crisi non ha spento l'umanità, anzi, l'ha fatta brillare. Nei campi dove donne e uomini piangono lacrime eterne e i bambini, come segnalato da ‘Medici senza frontiere', che tentano il suicidio o che compiono atti di autolesionismo, c'è chi si adopera per dare loro farmaci, cibo, vestiti.

Accolti, ma non salvi

Questo enorme sforzo, però, non serve neanche in minima parte a soddisfare quelli che sono i loro elementari diritti umani, e allora i bambini giacciono con vestiti sporchi, perché la biancheria non si può donare, ma va acquistata, gli anziani vanno in giro con scarpe fluorescenti, i ragazzi con vestiti femminili, perché non sempre si trova la propria taglia e il cibo, a volte, non basta, neanche per i neonati. Le bambine, poi, si litigano l'unica bambola finita per caso negli sacatoloni e che poi viene confiscata, perché se non possono avere tutti dei giocattoli, tanto vale che non l'abbia nessuno.

Piccoli raggi di sole

Questa dimensione straniante e degradante di questi campi viene raccontata nel libro alternando disegni e parole, con una penna leggera, che non vuole indugiare sul dramma e proprio per questo ne descrive i contorni con desolante vividezza. A gettare luce in questo scenario postatomico ci sono le esperienze dei volontari, ragazzi e ragazze, donne e uomini che ogni giorno riescono a strappare al dolore un piccolo, prezioso, pezzo di bellezza.

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