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“Chi non fa la raccolta differenziata commette peccato”

A Napoli la Chiesa in aiuto del Comune per aumentare la percentuale di raccolta differenziata, ancora inchiodata a livelli bassissimi. Tutte le parrocchie dell’arcidiocesi guidata da Crescenzio Sepe ospiteranno degli ecobox per raccogliere i rifiuti dei fedeli.
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La sede di Ambiente Solidale, dove una enorme croce campeggia davanti balle di indumenti usati, pronti per essere venduti.
La sede di Ambiente Solidale, dove una enorme croce campeggia davanti balle di indumenti usati, pronti per essere venduti.

“Lo ha detto anche papa Francesco: dobbiamo essere custodi del creato, dell’ambiente. Dunque, non effettuare la raccolta differenziata è un peccato, un peccato mortale, come ci siamo ripetuti  anche qualche giorno fa con il cardinale Crescenzio Sepe”. A parlare è Antonio Capece, presidente della cooperativa sociale Ambiente Solidale, che nei prossimi giorni avvierà, d’accordo con l’Arcidiocesi di Napoli, un progetto di raccolta differenziata in tutte le parrocchie del territorio, per un totale di oltre un milione di abitanti potenzialmente serviti. Laddove non arriverà l’Asia, dunque, ci saranno i fedeli cattolici, chiamati a portare nella chiesa più vicino casa propria indumenti usati, cellulari dismessi, oli vegetali, carta, cartoni, plastica, alluminio, rifiuti elettronici, elettrodomestici rotti. Lì troveranno dei contenitori, definiti “ecobox”, che saranno svuotati periodicamente dal personale della cooperativa che, con la vendita o il riutilizzo dei rifiuti, creerà nuova occupazione assumendo persone svantaggiate e destinerà contributi economici a progetti di solidarietà sociale.

Il progetto, promosso dagli uffici di Pace e Giustizia e Salvaguardia del Creato e della Pastorale Sociale e del Lavoro dell’Arcidiocesi sarà presentato nella Curia di Napoli, il largo Donnaregina, martedì prossimo. Oltre a Capece sarà presente Raffaele Del Giudice presidente di Asia che racconterà a che punto lo stato dell’arte della raccolta differenziata in città. In realtà, l’Asia non avrà alcun ruolo nel progetto dell’Arcidiocesi e di Ambiente Solidale. “Proprio perché noi cattolici non ci mettiamo in una nicchia – spiega Capece – abbiamo deciso di far confluire i dati della nostra raccolta in quelli generali della differenziata del Comune di Napoli, in modo che possano aumentare le percentuali, a beneficio di tutta la città.” Dunque, l’Asia, lautamente pagata dalle tasse dei napoletani, senza muovere un dito riceverà un grosso aiuto da un servizio a costo zero per la cittadinanza. Nonostante tanti proclami la differenziata a Napoli città è a livelli ancora molto bassi, con grandi difformità da quartiere a quartiere, comunque ben lontana dal 60 percento, obiettivo sbandierato dal sindaco De Magistris in campagna elettorale. Il Comune partenopeo, tra l’altro, non è presente su MySir, il sistema informatico regionale che consentirebbe a tutti i cittadini di vedere in tempo reale i risultati raggiunti e, al momento, i numeri si attestano attorno ad un misero 20 percento, quando in provincia ormai quasi tutti i Comuni sono sopra il 50.

All’incontro di martedì sono invitati decani, parroci e componenti dei consigli pastorali decanali, responsabili delle associazioni, gruppi e movimenti, referenti decanali della pastorale del lavoro. “E’ importante – scrivono gli organizzatori – che i parroci della diocesi di Napoli intervengano personalmente o con un loro delegato. Sono invitati tutti quelli che sono interessati al tema.” L’idea nasce dalla necessità di favorire la partecipazione attiva dei cittadini, chiamando ad un impegno collettivo i credenti. “Con questa attività – chiarisce Capece – noi non intendiamo solo aiutare a pulire Napoli diventando custodi del creato, ma dare un aiuto concreto ad una popolazione che soffre. Parte dei rifiuti, infatti, sarà commercializzata e questo ci consentirà di assumere personale, ragazzi dalla vita difficile che aspettano solo una seconda opportunità.  La nostra iniziativa, dunque, è volta anche a creare nuovi posti di lavoro per persone che in genere sono escluse dal mercato. Vogliamo, però, anche incentivare la cultura del riuso: gli indumenti usati, infatti, possono essere rivenduti a tre centesimi al chilo e con i soldi guadagnati finanzieremo progetti utili per tutta la collettività.”

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