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Covid 19

Come il Cotugno a Napoli combatte l’isolamento e la paura del Coronavirus

All’ospedale Cotugno di Napoli esiste un’equipe che lotta tutti i giorni per sostenere psicologicamente sia i pazienti affetti da Covid – 19 che i medici impegnati quotidianamente nei reparti del nosocomio napoletano. Il responsabile di questa equipe, il dottor Giuseppe Nardini, spiega a Fanpage.it come tutti i giorni provano a combattere il virus.
A cura di Gaia Martignetti
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La telefonata arriva nel momento più difficile, quello dell'isolamento. E la domanda è probabilmente delle più semplici: "Come stai?". Quando capisci che il Covid – 19 è nei tuoi polmoni, che dovrai affrontare settimane di lotta, può sembrare una sentenza. Ecco perché raccontare come la vita si è interrotta, quando il mondo si è capovolto, può rappresentare una speranza nel mare di una pandemia che non risparmia nessuno. Neanche i medici, che sempre più spesso diventano pazienti. È questo il lavoro quotidiano e silenzioso che all'ospedale Cotugno di  Napoli si continua a portare avanti, mentre si lotta per sconfiggere il Coronavirus. Un'epidemia invisibile che costringe non solo a ridisegnare ogni giorno le nostre vite, ma che mette a dura prova il sistema sanitario  e soprattutto la psiche di chi ogni giorno rischia la sua vita per salvare quella degli altri. Proprio per questo il dottor Giuseppe Nardini, dell' U.O.C. Psichiatria e per l’integrazione degli interventi di cura del Cotugno, ha creato insieme alla sua equipe una linea di ascolto per i pazienti affetti da Covid – 19, ma anche per i medici. La chiama "decontaminazione emotiva", per riuscire a superare ansie e paure di chi tutti i giorni cerca di salvare quante più vite è possibile. Due ore, dopo il turno della notte, dopo docce clorate, per cercare di affrontare il resto della giornata. «Quello che vediamo in questo momento è l'angoscia, la paura per qualcosa che non si conosce e la cosa straordinaria di questo momento, di questa fase, è che questa angoscia ci accomuna tutti perché il virus è un nemico invisibile e quindi alza una barriera tra le persone, perché cominciamo a sospettare dell'altro che può essere veicolo di infezione». Spiega così il dottor Nardini l'inizio del progetto della sua equipe, composta da 5 persone.

La linea di ascolto per i pazienti affetti da Covid – 19

«Noi chiamiamo le persone e ci presentiamo, – spiega il dottor Nardini a Fanpage.it – abbiamo elaborato una nostra scheda per orientarci per chiedere soprattutto come stanno vivendo questa situazione, cosa hanno interrotto e come immaginano di ritornare poi a casa e riprendere la vita mi viene da dire che è più quello che riceviamo che quello che diamo» I medici vedono i pazienti dai visori, perché sempre coperti da caschi e DPI, i dispositivi fondamentali per continuare a lottare contro il virus senza contrarlo.

Le paure degli operatori sanitari

Ma come vive il momento forse più delicato della giornata un medico, un infermiere, chiunque faccia parte del complesso ingranaggio che fa sì che un ospedale funzioni? Come torna a casa, come lascia dietro di sé pazienti intubati e una lotta che sembra non finire? «Quando torniamo a casa – spiega ancora Nardini – per molti di noi c'è una sorta di sospetto da parte degli altri, che possiamo essere vettore dell'infezione, l'altra ancora è la paura di non farcela. Le persone che stanno lavorando sono mediamente molto, molto motivate a fare questo lavoro e spesso le persone più motivate poi sono anche quelle più esposte al crollo».

La "decontaminazione emotiva"

L'esigenza di poter decontaminarsi, non solo dalle tossine del virus ma anche dalle storie che si incontrano nei reparti dell'ospedale, ha fatto nascere la decontaminazione emotiva, un momento di riflessione per riuscire a superare la giornata. «Le persone che curiamo ci assomigliano molto ci sono per esempio molti colleghi medici che sono malati e si ricoverano e per chi li deve assistere questo rispecchiamento è fonte di grande tensione.  Allora abbiamo pensato di organizzare un gruppo di sostegno agli operatori, l'abbiamo chiamato decontaminazione emotiva. Ogni giorno, per due ore, siamo aperti, in una sala abbastanza ampia per raccogliere gli operatori che terminano il turno mattutino. Si fermano con noi e lì possiamo discutere, mettere in gioco le nostre ansie e confrontarci con gli altri e ricevere poi indicazioni su come gestire al meglio lo stress».

Prima di andare via il dottor Nardini cerca nella tasca del camice un foglio, al cui interno non c'è una diagnosi o una formula per combattere il virus. Ma una poesia. Perché proprio una poesia? «È quello che tutti i giorni vorremmo fare con i nostri medici».

"Una volta la nonna mi aveva dato un consiglio:
“Nei periodi difficili, vai a vanti a piccoli passi.
Fai ciò che devi fare, ma poco alla volta.
Non pensare al futuro, nemmeno a quello che potrebbe accadere domani.
Lava i piatti. Togli la polvere. Scrivi una lettera. Fai una minestra.
Vedi?
Stai andando avanti passo dopo passo.
Fai un passo e fermati. Riposati.
Fatti i complimenti. Fai un altro passo. Poi un altro.
Non te ne accorgerai, ma i tuoi passi diventeranno sempre più grandi.
E verrà il tempo in cui potrai pensare al futuro senza piangere”.

Tratto da La stanza delle chiavi antiche
di Elena Mikhalkova

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