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Condurro: “La pizza è il cibo dei poveri, basta fare i gourmet”

Alessandro Condurro, l’erede della famiglia proprietaria della storica pizzeria della tradizione napoletana, bonariamente ma non troppo critica i pizzaioli della città, tra “pizze gourmet”, farine e idratazione dell’impasto.
A cura di Valerio Papadia
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La sede della storica pizzeria
La sede della storica pizzeria
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Un'intervista simpatica quella rilasciata a foodmakers.it da Alessandro Condurro, erede di quella famiglia Condurro proprietaria da generazioni della storica pizzeria "Da Michele". L'erede, difensore della più antica tradizione pizzaiola partenopea della quale il suo locale si fa portavoce, in quanto offre ai suoi avventori solo due tipi di pizze, con fare bonario ma anche abbastanza serio critica i pizzaioli partenopei, rea di rispettare ormai poco la tradizione e di seguire invece troppo le mode del momento.

Secondo Condurro infatti alcuni suoi colleghi, troppo influenzati dalle opportunità di visibilità nate dai social media e dai numerosi programmi televisivi a tema culinario, sarebbero portati a un'eccessiva ricerca di continua sperimentazione, come ad esempio l'idratazione dell'impasto o il tipo di farina da utilizzare, volendo conferire un'impronta eccessivamente "scientifica" a un elemento così semplice che lui definisce "acqua e farina", citando l'esempio del nonno che preparava tutto "a memoria". Condurro attacca anche l'eccessiva spettacolarizzazione delle pietanze proposte da alcuni, in molti casi mera scenografia, e degli ingredienti utilizzati sempre più ricercati, con l'accostamento alla pizza dell'appellativo "gourmet" e, imbeccato anche dall'intervistatore, identifica come causa di ciò una scusa da parte degli esercenti per innalzare esponenzialmente i prezzi.

Condurro riscontra anche la poca coesione dei pizzaioli napoletani e, salvando solo le aziende storiche, imputa loro di non aver saputo creare un vero e proprio sistema per valorizzare l'arte della pizza napoletana nel mondo. L'erede della pizzeria "Da Michele" adduce come motivo la scarsa preparazione della maggior parte degli addetti ai lavori, impegnati più a fregiarsi di titoli e riconoscimenti o a litigare tra loro sulle questioni sopra citate – farina, idratazione – piuttosto che a collaborare.

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