La lettera di Mino: ‘Non ho potuto dire addio a papà. Resistiamo, per riavere la nostra vita’
Non poter dire addio al proprio padre, morto per cause naturali ma durante l'epidemia di Coronavirus. Un dramma nel dramma, che Mino Alterio ha voluto raccontare a Fanpage.it con una lettera. Non ha potuto nemmeno far stampare i manifesti funebri e gli è stato negato anche di poter celebrare il funerale, l'ultimo saluto che rappresenta il punto di partenza per metabolizzare il lutto. Il messaggio vuole essere un appello: "Bisogna resistere, evitare atti scellerati. In questo momento ognuno di noi deve gestire le sue paure, gli egoismi vanno messi da parte per uscire insieme da questa situazione". Di seguito, il testo integrale della lettera:
Buongiorno, oggi è la festa del papà.
Il mio papà è mancato la notte di venerdì 13.
Il mio papà è uno dei tanti morti in questi surreali giorni di emergenza. Morto per cause naturali, che nulla hanno a che fare con il Covid-19: ma non per questo risparmiato, insieme a noi familiari, dal virus.
Il Covid-19, anche se non fisicamente, non sta risparmiando niente e nessuno. Ha minato, sta minando, quotidianità acquisite; gesti, abitudini neanche più apprezzati, sono aggrediti e sovvertiti da un nemico invisibile. Siamo alla mercé di un organismo che mette in discussione ogni nostra convinzione, necessità o bisogno. E lo fa in silenzio, quasi in modo impercepibile: ma i risultati sono catastrofici.
Riti centenari a cui siamo naturalmente abituati, come il funereo saluto dovuto ad un caro per il suo ultimo viaggio, diventano anch’essi inattuabili per sopraggiunte tutele igieniche. Ciò che con consuetudine abbiamo riservato da sempre, dandolo per scontato, a chi ci lascia e a chi resta, non esiste oggi: aggredito anch’esso dal Covid-19. Le vittime non sono solo umane: è aggredibile soprattutto il retaggio, il bagaglio abitudinario, che chiamo Vita.
Il conforto a chi resta, che anche se – soprattutto da noi meridionali – esasperato, asfissiante a volte, prevaricatore di dolori spesso bisognosi di pudori, silenzi, o semplicemente solitudine, è tassativamente abrogato. Ed è solo ora che colgo il reale effetto terapeutico del “funerale”: è non solo un tributo, un ossequio, ma terapeuticamente il lasciapassare emozionale all’accettazione della perdita. Nel nostro caso, non essendoci ciò, siamo in un limbo. Da tutto ciò voglio trarre insegnamento.
Il proposito sarà la riscoperta e rivalutazione dell’ovvio.
Ovvie non saranno più le parole- spesso di circostanza-; ovvi non saranno più i gesti, le occhiate, che agli albori avranno avuto valenze sicuramente diverse, più profonde, a cui le abbiamo con leggerezza designate.
Ovvio soprattutto non sarà la quotidianità delle azioni, dei lavori, delle iniziative.
Ovvio in questo momento deve essere l’impegno civile, etico, lavorativo di ognuno di noi affinché tutto ciò venga superato, debellato.
Ovvio deve essere tutto ciò che ognuno di noi ha di più caro e per cui vale la pena di sopportare, soffrire, ma continuare: la Vita.
Io non mollo e mai lo farò. È questo al momento l’unico modo per salutare dignitosamente mio padre.
Ciao pà.