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Cosa c’è dietro gli spari di Secondigliano. Una nuova scissione all’orizzonte

Due feriti, gli equilibri nell’area nord tornano precari. A Secondigliano si respira aria di scissione.
A cura di Redazione Napoli
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La disputa per la successione movimenta i ranghi della camorra di Secondigliano. Il clan della Vanella Grassi, nato dalla rottura interna agli Scissionisti e orfano dei Magnetti-Petriccione-Accurso dopo omicidi ed arresti, non ha più leader di spessore e le risorse economiche non sono più quelle dei tempi dei tempi d’oro del business degli stupefacenti. Da qui gli equilibri fragili, le mutazioni continue, la fioritura di sottogruppi e l’inevitabile scontro. L’ultima caratura criminale degna di rilievo è stata quella di Antonio Mennetta, capo dei “girati” vanelliani ma in carcere ormai da quattro anni. Ed è per questo che, in mezzo a giovanissimi aspiranti boss desiderosi di conquistare fette di territorio tra vacillanti strategie e plateali “stese”, la storica famiglia dei Di Lauro, che può contare ancora su ingenti patrimoni e uomini fedelissimi, potrebbe influire sui futuri giochi di potere criminale nella periferia a nord di Napoli. La camorra si rigenera sì, e a ritmi sempre più rapidi, ma le nuove leve non raggiungono il carisma dei vecchi capi che hanno saputo gestire incontrastati per decenni le milionarie piazze di spaccio del quartiere e delle zone limitrofe.

È questo lo scenario descritto dagli investigatori all’indomani della sparatoria di ieri sul corso Secondigliano, probabile risposta al precedente raid avvenuto la settimana scorsa in via Monviso, a ridosso dello stesso corso. Qui, infatti, il 2 gennaio, poco dopo le 23, una Fiat Panda sarebbe stata inseguita da killer in sella a potenti scooter. A bordo dell’auto un ex affiliato della cosca vanelliana. Ne è seguito un conflitto a fuoco, che ha lasciato come traccia sull’asfalto undici bossoli, nove di kalashnikov e due di 357 Magnum. In pratica ci si troverebbe di fronte ad uno scontro interno tra i vanelliani ed un nuovo gruppo formato da quel che resta dell’ala Matuozzo della Vanella. Secondo le primissime ricostruzioni, ancora al vaglio di chi indaga, a sostenere questo nuovo gruppo di fuoriusciti ci sarebbe anche il rancoroso Elia Cancello, nato all’ombra della famiglia Bastone, che gestiva la piazza del lotto G a Scampia, ma cacciato successivamente proprio dai secondiglianesi. Strappi, “girate”, patti traditi e commandi di morte che ora minano la fragile pax post terza faida, a partire dall’uccisione di Francesco Angrisano giusto un mese fa, e che potrebbero animare nuove ostilità.

Si trovava, ieri sera intorno alle 19, fuori la caffetteria Belle Epoque, lungo il marciapiede che costeggia qualche metro più in basso il tratto finale di corso Secondigliano che si congiunge, poi, a via Roma verso Scampia. Emilio Barone, 26 anni, precedenti penali per spaccio, accortosi dell’avvicinarsi di uno scooter SH300, ha cominciato a fuggire tra la folla, mentre uno dei due motociclisti, con i volti travisati da caschi, gli ha sparato addosso, ferendolo con due proiettili alla schiena. Era lui, secondo i poliziotti accorsi sul posto, l’obiettivo dei sicari, anche se resta coinvolto e colpito al piede Massimo Bosco, 44 anni, detto ’o topo, già noto alle forze dell’ordine per vecchi reati di estorsione. Il primo trasportato all’ospedale Cardarelli, il secondo recatosi da solo al vicino San Giovanni Bosco non sono in pericolo di vita, ma il fallito agguato apre nuove chiavi di lettura sugli ultimi movimenti di camorra a Napoli Nord.

Non è stato il freddo a far tremare ieri sera Secondigliano. I colpi di pistola si sono sentiti nitidi sul corso, all’altezza del civico 454, dove il lungo budello di via Duca degli Abruzzi, che attraversa Secondigliano Vecchia e dove abitano i due feriti, sotto l’influenza della Vanella, sbocca sul traffico dell’ora di punta prima della chiusura dei negozi e dove Barone si è accasciato al suolo dopo una breve fuga, in attesa dei soccorsi. Scene di panico fuori il negozio di fiori, proprio ad angolo ed accanto una profumeria molto frequentata, tra chi si trovava a transitare di lì in quel momento. "Abbiamo pensato subito ad una rapina, ma io lavoravo, non sono uscita nemmeno fuori a guardare", racconta sottovoce la cassiera del supermercato di fronte. "C’è stato un fuggi fuggi generale, ho temuto il peggio, perché è scoppiato il caos con la gente che urlava e si riparava sotto i portoni", aggiunge spaventato un ragazzo chiuso in un giaccone di pelle. "Ciro al nostro fianco" recita la scritta blu sul muro che ricorda il tifoso di Scampia ferito gravemente durante gli scontri della finale di Coppa Italia due anni e mezzo fa e deceduto dopo 53 giorni di ospedale. A ricordare che qui le strade sono fatte di agonia e memoria.

di Claudia Procentese

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