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Così sarebbe Napoli senza il Vesuvio (e non c’entra Photoshop)

Questa mattina, complice il cielo molto nuvoloso e la nebbia, dal lungomare di Napoli non era possibile vedere il Vesuvio: il vulcano partenopeo sembrava essere scomparso completamente. Ecco, allora, come apparirebbe la città se il Vesuvio non esistesse: un panorama completamente ridisegnato, solo mare all’orizzonte a perdita d’occhio.
A cura di Valerio Papadia
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"Edizione straordinaria: hanno rubato il Vesuvio". Così avrebbero urlato questa mattina gli annunciatori dei telegiornali, in un ipotetico universo parallelo, guardando il panorama di Napoli. Sì, perché intorno alle 9 e anche prima, osservando l'orizzonte dal lungomare, complice il cielo molto nuvoloso e la nebbia, non era possibile vedere il Vesuvio. Niente, persino scorgerne l'inconfondibile silhouette, le due gobbe del Monte Somma e del vulcano vero e proprio, era impresa ardua: il gigante che domina il golfo di Napoli sembrava essere proprio scomparso, come se l'avessero portato via, rubato per l'appunto, oppure come se, con un colpo di Photoshop, l'avessero eliminato (eppure Photoshop non c'entra, non è stato utilizzato), lasciando soltanto una distesa di mare a perdita d'occhio.

E allora ho voluto scattare una foto, per conservare – e adesso restituire anche a voi – l'immagine di come sarebbe la città senza il suo simbolo, tratto distintivo del suo panorama, ma anche in fondo del suo carattere (il rapporto tra i napoletani e il vulcano è perfettamente espresso dai Zezi nella canzone Vesuvio, appunto). Il Vesuvio protegge la città, la sorveglia e, in qualche modo, ci fa sentire al sicuro: basti pensare a quando, in treno, venendo dal Nord o semplicemente da Roma, si sta per entrare alla Stazione Centrale; il Vesuvio si staglia all'orizzonte, quasi ti desse il bentornato (o il benvenuto) e ti fa esclamare "Ah, sono a casa". Insieme, altra faccia della stessa medaglia, il Vesuvio è anche sterminatore, portatore di sventura e morte: è un vulcano attivo, che potrebbe eruttare da un momento all'altro (non proprio), come la storia e la sua ciclicità ci insegnano, sommergendo Napoli e provincia di lava e cenere, contribuendo ad istillare nel napoletano quel senso di precarietà, ma anche di irrisione della morte a beneficio della vita.

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Sono giornalista dal 2010. A Fanpage.it dall'agosto del 2016, scrivo per l'area Napoli, per la quale mi occupo del desk.
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