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Dai vescovi campani via libera alla comunione per i divorziati risposati

Un documento della Conferenza Episcopale della Campania recepisce la Amoris Laetitia di papa Francesco dandone una interpretazione favorevole a chi ha visto fallire il proprio matrimonio.
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Il cardinale Crescenzio Sepe.
Il cardinale Crescenzio Sepe.

Anche i vescovi campani, guidati dal cardinale Crescenzio Sepe, dicono di sì alla comunione ai divorziati risposati. E’ quanto è scritto nelle “linee guida per la recezione dell’Amoris Laetitia” di papa Francesco, approvate dalla conferenza episcopale regionale pochi giorni fa a Pompei e pubblicate nelle scorse ore.

I vescovi campani, in testa l’arcivescovo di Napoli, decidono dunque di interpretare le indicazioni del Papa nel senso più ampio, laddove altri cardinali e vescovi hanno deciso di non concedere alcuna apertura. Così, in Campania si è deciso di dare “orientamenti a sostegno dei sacerdoti e degli operatori della pastorale familiare, ferma restando la facoltà di ciascun Vescovo di dare suoi orientamenti” che vuol dire che, nella propria diocesi, ognuno sarà libero di dare, poi, una interpretazione diversa del testo papale, sotto attacco da più parti proprio per la sua ambiguità in questa specifico campo.

Accompagnare, discernere ed integrare sono le tre parole cardine del documento. I vescovi hanno ben chiaro che la Amoris Laetitia “non dà ricette ma apre percorsi da intraprendere e possibilità da scrutare” a causa “dell’innumerevole varietà di situazioni concrete.” Si dovrà valutare caso per caso, dunque, anche se bisognerà evitare di “mettere in atto pratiche difformi che inducano a separare sacerdoti, dividendoli in cosiddetti lassisti e rigoristi, creando disorientamento tra i fedeli.” I vescovi campani, dunque, hanno ben chiaro che il rischio è che ognuno faccia quello che gli pare e vogliono cercare di minimizzarlo.

Coinvolgere gli sposi separati e divorziati in un cammino è la priorità, chiarendo che questo “non finisce necessariamente nell’accesso ai sacramenti, ma può anche orientarsi ad altre forme di integrazione proprie della vita della Chiesa.” Qualche paletto, comunque, i vescovi lo mettono: “E’ necessario  scrivono – che la persona sia credente e creda nel progetto di Dio sul Matrimonio: ad esempio, se la persona interessata non accoglie tale progetto divino e accetta il divorzio, allora viene a mancare la condizione previa per intraprendere un cammino di discernimento; qui ad essere in questione è la fede, e la fede va suscitata con l’evangelizzazione.” In questo caso, niente accesso alla comunione.

Gli sposi sono invitati innanzitutto a “rileggere la storia del proprio matrimonio per verificare se esso è valido oppure è nullo.” Tuttavia, se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, “ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza” allora è possibile che il fedele divorziato risposato si riaccosti alla comunione. Anche in questo caso, però, i vescovi sono prudenti: “può essere opportuno – scrivono ancora – che un eventuale accesso ai sacramenti si realizzi in modo riservato, soprattutto quando si possano ipotizzare situazioni di disaccordo. Ma allo stesso tempo non bisogna smettere di accompagnare la comunità per aiutarla a crescere in spirito di comprensione e di accoglienza, badando bene a non creare confusioni a proposito dell’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.”

Sì alla comunione, dunque, senza scandalizzare la comunità dei fedeli di appartenenza e senza che ciò sia letto come un segnale per banalizzare il messaggio della Chiesa: quello che Dio ha unito, l'uomo non lo deve dividere. Facile più a scriversi che a farsi, ovviamente: il documento dei vescovi campani sembra creare ancor più confusione di quella nata dopo la pubblicazione dell’Amoris Laetitia, anche se è, senza dubbio, un importante varco per chi ha visto fallire il proprio matrimonio e vuole ricevere di nuovo l’Eucarestia.

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