Disneyland? Doveva essere a Napoli. Ecco come abbiamo perso 36mila posti di lavoro

Era l'inizio degli anni Novanta quando Walt Disney Company, il colosso americano dell'intrattenimento, puntò Napoli quale città più adatta, per clima e per vocazione ad ospitare il primo dei parchi di divertimento. Disneyland sarebbe stato a Bagnoli, nell'area dell'ex Italsider, portando migliaia e migliaia di posti lavoro. Ma qualcuno disse no. È la storia che racconta "Resort Italia", l'ultimo libro di Lorenzo Salvia, giornalista del Corriere della Sera, che ripercorre la storia di alcuni fallimenti italiani in materia di sviluppo, tra cui il caso eclatante di Disneyland. Un tassello mancante del mosaico della profonda crisi del Mezzogiorno, che forse così profonda non sarebbe mai stata. In lizza per accogliere il nuovo mega-parco oltre l'Italia (con Napoli), c'erano anche Francia, Spagna, Portogallo Germania, Italia e Gran Bretagna. Era il 1985 e Napoli era la favorita tra più di 1200 siti sparsi in tutta Europa.
Nacquero delle resistenze e nacquero proprio a Napoli, rispetto all'area industriale Italsider che, come sottolinea lo stesso giornalista e autore del libro, "chiuse definitivamente nel 1992, nello stesso anno in cui in Francia aprì Eurodisney. Per la cronaca, l'Italsider, nel suo momento di massimo splendore, arrivò a impiegare al massimo settemila addetti. Se Topolino non fosse stato respinto alle porte di Bagnoli, i posti di lavoro, indotto compreso, sarebbero stati 36mila". Un occasione di crescita e di riscatto mancata anche per motivi che riguardarono la volontà del presidente della Walt Disney Attractions, Dick Nunis, che scartò definitivamente non solo Napoli, ma tutti i potenziali siti italiani perché i centri designati "si distribuivano lungo l’arco alpino, sollevando notevoli problemi ambientali". Alla fine a spuntarla fu la Francia, forse anche grazie al lavoro dell'allora capo di stato Francois Mitterand, che intuì subito le enormi potenzialità del progetto per l'economia e per il turismo. E così Topolino non arrivò mai a Napoli, né a Bagnoli, dove certo avrebbe avuto vita meno facile che in Francia, ma questo, dopo 25 anni, chi può dirlo?