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Perché manifestiamo e occupiamo contro la “Buona Scuola” di Renzi

Le politiche scolastiche del governo Renzi hanno infiammato la protesta nelle scuole di tutta Italia, sollevando un’ondata di mobilitazioni, occupazioni e sit-in. Ma cosa c’è veramente al centro del disegno di legge della “Buona Scuola”, contestato dai ragazzi? Ecco spiegato, punto per punto, il progetto del premier per la scuola italiana.
A cura di Redazione Napoli
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Come previsto, dopo le mobilitazioni studentesche avvenute in tutto l’arco di ottobre, gli studenti italiani hanno preso posizione contro la riforma “buona scuola” di Renzi. “Buona scuola o buona azienda?”. Questo è uno dei dilemmi che affligge gli studenti del Liceo scientifico e classico F. Quercia di Marcianise. Questi nella giornata del 25 novembre hanno indetto un’assemblea straordinaria a scopo puramente informativo. L’assemblea è sfociata in un dibattito tra gli studenti che è durato tutta la mattinata. Nonostante le idee contrastanti si è arrivato a un giudizio unanime: “Non rinunciamo alla nostra istruzione gratuita e pubblica”.

Ora andiamo ad illustrare i punti più importanti del disegno di legge “Buona Scuola”. I punti che analizzeremo sono quelli che riguardano in prima persona gli studenti, ma non vogliamo assolutamente tralasciare gli attacchi agli insegnanti presenti nella “Buona Scuola”. Questo disegno di legge, presentato in videomessaggio, ignorando completamente il consiglio dei ministri, in forma scritta si presenta con slogan lapidari e con contenuti poco chiari e inadatti per una riforma così imponente. Nella nostra analisi ci è piaciuto giocare con questi punti definendoli “comandamenti”.

Il quinto comandamento del disegno di legge del Premier afferma: "Una scuola fondata sul lavoro”. Un punto che riprende il primo articolo della Costituzione italiana. Sappiamo già quanto questo articolo sia stato calpestato anche da Renzi stesso con l’abolizione dell’articolo 18. Renzi in questo punto affronta il problema del legame tra scuola e mondo del lavoro, e lo fa in una maniera molto originale, proponendo agli studenti di diventare veri e propri lavoratori, ma sottopagati. Renzi ha tanto a cuore la questione “stage” tanto da aumentare il numero di ore di servizio che svolgeranno gli studenti. Dato che questo punto è esteso a tutte le scuole secondarie di secondo grado, anche noi liceali ci trasformeremo in studenti di un istituto tecnico. Insomma il Premier diplomatizza una famosa frase: "Con la cultura non si mangia".

"Come posso sentirmi un individuo completo se vengo formato solo per uno scopo? Se vengo plasmato per diventare un lavoratore che non ha la possibilità di ampliare la propria cultura e la propria veduta per volontà personale o, meglio ancora, per diritto?". Il furbo Renzi attraverso il punto sei “le risorse per la buona scuola pubblica e privata”, ripropone un vecchio disegno di legge ben noto agli studenti italiani. Il disegno di legge "Aprea Ghizzoni" fu uno dei motivi principali delle occupazioni studentesche di due anni fa. Il Presidente del Consiglio, ignorando il passato, propina ai giovani studenti italiani una cooperazione tra pubblico e privato che fa fede al discutessimo disegno di legge precedentemente citato.

Un disegno ambizioso come quello che abbiamo descritto non è a costo zero”. Con questo breve incipit chiude definitivamente il discorso scuola pubblica e gratuita (come da Costituzione) ed apre un nuovo capitolo della storia dell’istruzione italiana. Nuovo capitolo in cui gli investimenti privati saranno il nuovo motore della vecchia scuola pubblica. Un’altra “novità” del sesto comandamento della riforma “buona scuola” prevede la stesura, da parte delle scuole, di un piano di miglioramento formativo triennale, dove praticamente verranno stanziati dei finanziamenti alle scuole che produrranno il “miglior MOF”.

Esattamente come accadde nel 2012, gli studenti del liceo "F. Quercia" di Marcianise hanno nuovamente optato per questo tipo di protesta per far sentire la loro voce. La “Buona Scuola” fortunatamente, per ora, è solo un disegno di legge che, però, se venisse attuato costituirebbe uno degli attacchi all’istruzione pubblica più imponente della seconda repubblica. Rivendichiamo il nostro diritto di avere un’istruzione pubblica, manifestando il nostro completo dissenso in occupazioni che speriamo coinvolgano tutti gli istituti superiori italiani. Non rinunciamo alla libertà di studio in favore della formazione per un lavoro che in realtà non c’è: non vogliamo rinunciare alla possibilità di diventare chi vogliamo!

Antonio C. studente del Liceo "F. Quercia" di Marcianise

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