Esplosione di Capodanno a Secondigliano, i signori del racket alzano il tiro
È finito il tempo delle minacce velate, degli avvertimenti in sordina. Se non paghi il pizzo, allora pagherai le conseguenze. Aumentano le quote estorsive, aumenta la platealità della dimostrazione di forza. L’esplosione che a Capodanno ha devastato l’ingresso della macelleria nella traversa Maglione, angolo via Padre Cosimo Maria Luciano, a Secondigliano, è di matrice criminale. Questa l’ipotesi più accreditata secondo gli investigatori che stanno lavorando allo scoppio avvenuto poco dopo la mezzanotte del primo gennaio. Il forte boato, avvertito a centinaia di metri di distanza, non si è confuso con il rumore dei tradizionali botti e subito ha allarmato i residenti. Non un petardo né una bravata. La bomba è stata posizionata su una delle due entrate del negozio ad angolo, attivo da oltre cinquant’anni, le cui porte blindate hanno preservato l’interno. Distrutta l’insegna, rovinato il marciapiede, alcune auto in sosta investite dall’onda d’urto che ne ha frantumato i cristalli, spaccata la vetrina del vicino negozio di abbigliamento, ma i danni maggiori sono quelli rilevati nella palazzina al civico 4 di via Padre Luciano, strada che sbocca direttamente sul corso Secondigliano, ex via Carlo Ziviello, un tempo zona di mulini nel vecchio casale dell’area nord, oggi al centro del quartiere. La deflagrazione ha mandato in frantumi i vetri delle finestre, deformato tapparelle, fatto crollare calcinacci e lampadari, sollevato pavimenti. Un avviso in portineria avverte da ieri che il fabbricato non è assicurato, quindi ogni condòmino si accollerà i costi degli aggiusti.
«È stato un Capodanno da incubo – racconta uno di loro ancora spaventato -, siamo salvi per miracolo solo perché io e la mia famiglia non eravamo in casa. Ho trovato schegge di vetro lunghe 20 centimetri che come proiettili hanno stracciato le tende, gli infissi in legno distrutti, i soprammobili caduti». Chi invece si trovava in casa, è stato assalito dal panico. Il fragore dell’ordigno, intorno a mezzanotte e cinque come ricordano i testimoni, ha interrotto d’improvviso i festeggiamenti. Verso l’una sono stati in molti a scegliere di attendere per strada l’arrivo della polizia, giunta sul posto poco dopo accompagnata dalla Scientifica e dai vigili del fuoco. La macelleria Vitiello sarebbe finita nel mirino degli estorsori, anche se il titolare ha dichiarato di non aver mai ricevuto richieste camorristiche né minacce. Eppure, secondo i primi accertamenti investigativi, l’attacco dinamitardo rientrerebbe nella strategia del clan che tiene nella morsa del racket il rione Kennedy. Gli esattori, se fino a qualche tempo fa si accontentavano di pochi euro, a partire da settembre hanno alzato il tiro decuplicando i prezzi, fino ad imporre ai commercianti, nel periodo natalizio, l’acquisto di un pacco-fuochi dal costo di 50-100 euro in base ai presunti introiti del negozio taglieggiato. Cambi rione, cambi clan. La strada di fianco è già sotto scacco di un’altra consorteria criminale. Anche l’ultima relazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) parla di “contesto magmatico” nell’area nord, dove i sodalizi si indeboliscono, cambiano, si rinnovano, si ripropongono. Le vittime restano le stesse.
«Una brava persona Pierino, onesto lavoratore – solidarietà al macellaio e sconforto nelle parole di chi abita questo pezzo di periferia e sente addosso la marginalità non solo territoriale -. Molti negozi chiudono per la crisi, altre attività anche se ben avviate vengono cedute spesso per non avere problemi. Vivere qui è diventato difficile». Un particolare inquietante confermerebbe i timori degli abitanti della traversa Maglione, a ridosso di piazza Giovanni XXIII: dopo lo scoppio ci sarebbe stata una “stesa” dimostrativa. Epifania del potere camorristico. C’è chi, la mattina successiva, ha raccolto i bossoli da terra fuori la macelleria, mentre c’è chi ricorda sei o sette colpi di pistola esplosi subito dopo la bomba «non dai palazzi, ma giù in strada, perché qui ci conosciamo tutti, quello che lancia razzi e tric trac, quello che accende bengala o quello che fa volare i piatti dal balcone» dice un residente. Solo dopo la scorribanda sarebbero cominciati i cosiddetti fuochi di piazza con le usuali batterie sul selciato stradale. «Come se si sapesse già dell’attentato» il commento sussurrato nel rione. Una sorta di insano rispetto ai signori del racket: prima spari tu, poi posso festeggiare io. Nessuna denuncia. Come se il pizzo da queste parti non esistesse. Questa la regola delle statistiche.