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È la camorra il virus di Napoli: parla Fabbrocini, il nuovo capo della Squadra Mobile

Alfredo Fabbrocini è il nuovo capo della Squadra Mobile di Napoli, succede ad Antonio Salvago. “Per ricoprire questo ruolo mi sono preparato con una lunga palestra – spiega, intervistato da Fanpage.it – a Napoli c’è una grande tradizione di validi investigatori. La camorra è un virus, non permetteremo che approfitti dell’emergenza per guadagnare consensi”.
A cura di Nico Falco
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Alfredo Fabbrocini è il nuovo capo della Squadra Mobile della Questura di Napoli. Quarantasette anni, napoletano, succede ad Antonio Salvago, che era subentrato a Luigi Rinella e che ha ricoperto il ruolo per 11 mesi. Fabbrocini, cresciuto a Posillipo, barba lunga alla Serpico, non ha mai prestato servizio a Napoli: prima di questo incarico, ufficializzato agli inizi di aprile, è stato capo della Mobile a Foggia e a Cagliari; l'ultimo ruolo ricoperto, fino a pochi giorni fa, era allo Sco, il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. Una carriera a tutto tondo, durante la quale ha affrontato le varie facce della criminalità, organizzata e non, costruendo un bagaglio di esperienza con cui misurarsi adesso con una nuova sfida, nel solco di chi lo ha preceduto e con l'obiettivo di fare bene anche a Napoli.

Lei non ha mai prestato servizio a Napoli. Non si è mai presentata l'occasione o è stata una scelta?

Si è trattato di una scelta ponderata. Credo che pochi incarichi siano affascinanti come quello di capo della Squadra Mobile di Napoli. Per svolgere questo compito al meglio avevo bisogno di fare un lungo esercizio in palestra, estrinsecato in tanti uffici e a tante latitudini.

Tra i suoi arresti spiccano quelli di  Giuseppe Pacilli, “Peppe il montanaro", della mafia del Gargano, e quello di Giuseppe Andrea Mastini, Johnny lo Zingaro. A Napoli dovrà affrontare la realtà della camorra, dove spesso il confine tra sistemi mafiosi e criminalità spicciola è molto labile. Quali saranno le strategie operative della Mobile?

Moduleremo le nostre attività secondo quelle che sono le direttrici della Procura e cercando di dare una risposta alle domande inespresse della cittadinanza, mediate da quella che è la mia esperienza accumulata in altri contesti. Sicuramente le strategie operative saranno adattate al contesto di Napoli. Nelle tecniche investigative sono un innovatore, ma ho sempre grande rispetto per chi ha lavorato prima di me, soprattutto quando esiste una grande tradizione, come è per i capi della Squadra Mobile di Napoli. Oggi raccolgo il frutto del lavoro di grandi investigatori, sui lavoreremo per modellarlo sulle esigenze del tempo.

La camorra sta cercando di approfittare dell'emergenza coronavirus, infiltrandosi nelle raccolte di beneficenza e organizzando raccolte autonome che permettono di seminare crediti e di restare in strada. Come si può arginare questa situazione?

La camorra è un virus. È normale che in questo momento trovi terreno fertile, o che almeno ci provi. Noi, però, siamo lo Stato. Dove il cittadino evita di esporsi, per motivi comprensibili, noi non possiamo tirarci indietro. Stiamo continuando a lavorare, pur prendendo tutte le precauzioni per preservare la salute dei poliziotti, per evitare che il consenso torni a chi il consenso non merita.

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