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Fatture false e concerie: ecco come il clan Lo Russo ricicla i soldi in Toscana

I carabinieri hanno arrestato due napoletani, accusati di riciclaggio di denaro e con collegamenti col clan Lo Russo. I soldi sporchi venivano ripuliti con false fatturazioni, con la complicità di imprenditori di Firenze e di Pisa che fingevano di acquistare pellami da società di Casavatore (Napoli), pagando con bonifici e ricevendo soldi contanti invece della merce.
A cura di Nico Falco
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L'imprenditore faceva un finto ordine, pagava con bonifico, in cambio riceveva dei contanti. Un giro di centinaia di migliaia di euro che faceva guadagnare tutti: il clan di camorra, che così aveva dei soldi puliti da reinvestire, e il commerciante, che poteva fingere una grossa perdita da mettere in passività sul bilancio per non pagare le tasse. Il sistema, lo stesso che veniva utilizzato dalla ‘ndrangheta, era diventato appannaggio della camorra: due napoletani erano subentrati a persone legate alle famiglie dei Nirta e dei Barbaro, recuperando quei rapporti con gli imprenditori toscani e rimettendo in piedi il sistema di riciclaggio con le stesse modalità.

In manette, con l'operazione "Vello d'oro II", sono finiti Vincenzo Bocchetti e Ciro Taglialatela, quest'ultimo figlio di Bruno Taglialatela, considerato esponente di spicco del clan Lo Russo; il provvedimento è stato emesso dal gip del Tribunale di Firenze, Silvia Romeo, su richiesta della Procura Distrettuale di Firenze, le accuse sono di riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Dell'esecuzione si sono occupati i carabinieri del Comando Provinciale di Firenze, con il supporto dei militari della Compagnia Stella e della Compagnia di Giugliano.

Le indagini, dirette dal sostituto procuratore Giuseppina Mione, hanno svelato il ruolo di Taglialatela e Bocchetti, referenti delle ditte Brupel e World Pellami, entrambe con sede a Casavatore (Napoli), che hanno "ripulito" centinaia di migliaia di euro inviando denaro in Toscana e mascherando il tutto con operazioni commerciali. Il tramite con gli imprenditori toscani era Cosma Damiano Stellitano, che aveva già fatto da collegamento con le famiglie della ‘ndrangheta e che era tra i 14 arrestati dell'indagine "Vello d'oro", il 19 febbraio 2018. Complessivamente in questa nuova operazione le persone indagate sono 18, tra cui collaboratori di Bocchetti e Taglialatela, titolari di imprese toscane e responsabili di ditte di spedizioni, tutti già destinatari di decreti di perquisizione e informazione di garanzia nell'ottobre 2018 nei confronti di 28 abitazioni e sedi di imprese.

Il clan Lo Russo riciclava centinaia di migliaia di euro in Toscana

Il sistema scoperto dagli inquirenti ruotava intorno alle fatture false. Gli imprenditori toscani, con aziende tra le province di Pisa e Firenze e alcuni di questi già coinvolti nella precedente indagine, effettuavano un ordine alle concerie napoletane, pagando con un bonifico. Soldi quindi puliti, che potevano essere giustificati con l'emissione delle fatture e quindi riutilizzati. La merce, però, non veniva spedita davvero. Al posto dei pellami in Toscana arrivavano soldi contanti.

Così l'imprenditore aveva apparentemente sborsato una grossa cifra, anche centinaia di migliaia di euro, ma parte di questa gli veniva restituita in nero. Questo denaro veniva poi usato per i "fuori busta" ai dipendenti, riducendo gli esborsi di carattere previdenziale. Il vantaggio era nel poter dichiarare dei finti passivi nel bilancio, abbattendo gli utili e registrando un fittizio credito d'Iva, e così evadere le imposte sul reddito o sul valore aggiunto e scaricare sull'erario.

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