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Freddo killer a Napoli, ma le chiese restano chiuse ai senzatetto

Vivere in strada con le temperature polari equivale a una condanna a morte. Mentre si trema aspettando la prossima vittima dopo il 60morto ieri al centro direzionale, è lecito chiedersi perché, mentre le metropolitane aprono di notte, le chiese restano ermeticamente chiuse per i senza fissa dimora?
A cura di Angela Marino
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Aveva tra i sessanta e settant'anni l'uomo senza fissa dimora trovato morto sull'asfalto del centro direzionale di Napoli. Poteva essere e forse era il marito, il padre e il nonno di qualcuno. Era uno dei tanti disperati che vivono ai margini della strada, quelli che non chiedono neanche l'elemosina, non con la voce almeno, ma solo con gli occhi, la forza di chiedere aiuto non ce l'hanno più. Non è dato di sapere se fosse italiano o straniero, l'unica cosa certa è che  è morto di stenti e di freddo fra le isole C2 e l'isola C3 del Centro direzionale. Vittima del freddo che a Napoli sta registrando temperature polari, vittima di una città che non dispone di piani emergenziali adeguati per chi vive in strada.

In queste notti gelide i clochard possono rifugiarsi nelle stazioni della Metropolitana, aperte apposta in orario notturno da Anm per accogliere chi non ha una casa. Ma dove altro posso andare? Ci sono ricoveri rifugi? Strutture di accoglienza temporanee? Resistere al freddo in un clima così, immobili, sul duro marmo o sull'asfalto delle strade è una sfida persa in partenza. Si muore, nessuno può resistere senza assistenza. È Napoli in questo periodo è piena di condannati a morte. Condannati perché non hanno un posto dove stare. Chiuse, per esempio, la gran parte delle chiese cittadine, alcune delle quali addirittura all'esterno espongono i dissuasori: orrende griglie giganti che impediscono a chiunque di sedersi o di sdraiarsi sul varco quando il luogo di culto è chiuso.

È lecito chiedersi perché l'istituzione che predica l'accoglienza, la carità, la pietà, intesa come compartecipazione al dolore del prossimo respinge chi ha bisogno di aiuto. È una domanda triste, amara, alla quale, alla luce della prima morte dall'arrivo del gelo, urge una risposta. Forse non alla città ma ai suoi fedeli potrebbe dare conto Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli e destinatario di alcuni appelli ad aprire le chiese ai senzatetto durante l'emergenza. Mentre si aspetta la mano caritatevole dei pastori, un'altra, però, si stende in favore dei meno fortunati. È quella che risponde a un principio, laico e civile, di mutua assistenza. Così commercianti e cittadini donano cibo, coperte, vestiti e farmaci a chi vive all'aperto. Nessuna pietà, solo solidarietà. Una bella lezione per chi invece di accogliere il prossimo preferisce "dissuaderlo".

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