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Geometra ucciso per errore dalla camorra, 30 anni ai killer del clan Belforte

La Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato la condanna a 30 anni di carcere per Antonio Bruno e Pasquale Cirillo, ritenuti affiliati al clan Belforte, accusati dell’omicidio di Vittorio Rega, il geometra 29enne ucciso per uno scambio di persona a Marcianise il 30 luglio del 1996. Il ragazzo fu ammazzato perché guidava un’automobile simile a quella del reale obiettivo.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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La Corte di Assise di Appello di Napoli ha confermato le condanne a 30 anni di carcere per Antonio Bruno e Pasquale Cirillo per l'omicidio di Vittorio Rega, il geometra di 29 anni ucciso per uno scambio di persona nel 1996 a Marcianise (Caserta); nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Franco Liguori e Alessandro Barbieri. I due pregiudicati, ritenuti affiliati al clan Belforte, erano stati arrestati nel marzo 2018, in esecuzione di una ordinanza, notificata nei carceri di Santa Maria Capua Vetere e Milano Opera, dove erano già detenuti. Il giovane geometra fu ammazzato in un agguato di camorra in cui sarebbe dovuto morire Giovanbattista Tartaglione, affiliato al clan Piccolo: i due avevano una corporatura simile e guidavano lo stesso modello di automobile.

Vittorio Rega fu intercettato dai sicari del clan mentre andava al lavoro. Era il 30 luglio 1996. Gli spararono prima da un furgone, inseguendolo quando aveva cercato di scappare a piedi, e ferendolo a morte. I killer si accorsero dell'errore, e pensarono anche di scaricarlo davanti a un Pronto Soccorso, ma poi lo lasciarono agonizzante in strada. Colpito da proiettili alla schiena, al torace e alle gambe, Rega prima di morire riuscì a riferire quello che era successo ai poliziotti.

Quell'agguato si inquadra nella faida che vide contrapposti il clan Belforte con i rivali dei Piccoli, tra gli anni '80 e i primi anni duemila. Dopo quello scambio di persona, i killer del clan riprovarono a uccidere il reale obiettivo, e questa volta ci riuscirono: il corpo di Giovanbattista Tartaglione fu ritrovato due mesi dopo, carbonizzato, in una Fiat Punto abbandonata nelle campagne di Caivano, in provincia di Napoli.

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